Il problema della schiavitù era ben presente in quel 1776: Thomas Jefferson tentò di denunciarla, ma venne fermato. E il principio “tutti gli uomini sono creati uguali” non riguardava gli schiavi!
Il film di denuncia Nato il 4 luglio ci ha offerto alcune basi per capire le linee fondamentali su cui si è mossa e continua a muovesi la storia degli Stati Uniti. Non è impresa facile capire la storia di questo Stato giovane costituito da popolazioni arrivate in una terra nuova dove, a spese dei nativi, diventano indipendenti dal Regno Unito in una patria tutta da inventare.
L’America ogni giorno è con noi con le sue contraddizioni, le esuberanze del suo attuale presidente, il suo peso che condiziona nel mondo intero finanza, economia, mercato e ambiente climatico, un Paese enorme per dimensioni, unito in confederazione ma con forte autonomia dei suoi 50 Stati, in continuo cambiamento.
Thomas Jefferson (1743 – 1826)
L’analisi degli storici si muove su fonti informative che permettono di vedere l’America con occhi diversi da come ce l‘hanno presentata le immagini mitiche, gli episodi grandiosi quasi leggendari di cui il cinema americano è stato epico costruttore: dai primi coloni Padri Pellegrini alla conquista del West, allo scontro con gli indiani, dalla guerra di Secessione alla grande speranza del New Deal che fece superare la disastrosa crisi economica del 1929. Il film sopra citato ci presenta l’amaro risveglio in Vietnam con la prima guerra persa, le tante bare che riportarono a casa i morti e i giovani resi invalidi in guerre all’estero sostenute nel contesto della “guerra fredda”.
Il 4 luglio è la festa dell’Indipendenza sempre vissuta con spirito patriottico, nonostante tutto, e col problema enorme e mai superato della discriminazione razziale. I colonizzatori bianchi più forti hanno quasi eliminato o stravolto la civiltà delle popolazioni autoctone, anche dopo le drammatiche conquiste delle leggi che riconoscono parità di diritti, i discendenti dagli africani importati come merci da lavoro e i “latinos” immigrati sono ancora in condizioni di inferiorità, spesso disprezzati e trattati con violenza, uccisi dalla polizia. Le massicce e diffuse proteste riprese da qualche mese non si vede ancora se miglioreranno la situazione, pur potendo contare sulla solidarietà di movimenti internazionali.
Filippo Mazzei: “Tutti gli uomini sono per natura liberi ed indipendenti”
Il fiorentino che ispirò la Costituzione americana
Filippo Mazzei (1730 – 1816)
“Patriota e saggista, amico e ispiratore a Thomas Jefferson del grande principio di libertà tutti gli uomini sono creati liberi e uguali”: così il presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy rendeva omaggio sessant’anni fa al fiorentino Filippo Mazzei (Poggio a Caiano 1730 – Pisa 1816), figura da molti ritenuta determinante per la stesura della Dichiarazione d’Indipendenza americana.
Una vita avventurosa, in gran parte spesa lontano dalla Toscana e dall’Italia, impegnato a diffondere quei principi di uguaglianza e libertà che nella seconda metà del XVIII secolo si stavano imponendo nel panorama internazionale. Nel 1773 la sua “spedizione” negli Stati Uniti per “coltivare e produrre vino, olio, piante d’agrumi e seta”, in Virginia acquistò una tenuta poco lontana da Monticello, la proprietà di Thomas Jefferson con il quale iniziò una frequentazione ben presto trasformatasi in amicizia.
La loro assidua frequentazione fu determinante per la stesura prima della Costituzione dello Stato della Virginia e poi della Dichiarazione di Indipendenza che il futuro terzo presidente degli USA stava scrivendo.
Mazzei sostenne la necessità di introdurre un governo rappresentativo basato sul suffragio censitario, sul principio della rappresentanza proporzionale della popolazione, sulle elezioni annuali, sul divieto di esercitare cariche pubbliche per più di due anni di seguito e propose l’elezione dei rappresentanti da parte di un’assemblea che fosse a sua volta elettiva per favorire il merito individuale ed evitare la trasmissione delle cariche di governo all’interno delle stesse famiglie più potenti.
Il problema della schiavitù dei neri è presente fin da quel 4 luglio 1776 quando a Filadelfia i rappresentanti delle colonie firmarono la Dichiarazione di Indipendenza, riconosciuta dagli inglesi nel 1783 dopo la loro sconfitta da parte dell’esercito dei coloni guidati da George Washington. I più importanti ideologi della rivoluzione erano stati l’ingegnoso Benjamin Franklin e l’amante della campagna Thomas Jefferson principale responsabile della stesura del documento che fonda gli Stati Uniti d’America e che in un suo paragrafo denunciava la schiavitù, ma venne cancellato su pressione dei piantatori del sud e degli armatori del nord.
Nella Costituzione Jefferson introdusse due frasi molto importanti: “tutti gli uomini sono creati uguali, dotati di diritti inalienabili tra cui la vita, la libertà e la ricerca della felicità”; l’altra frase è che i governi “derivano il loro giusto potere dal consenso dei governati”: ma gli schiavi non erano considerati uomini e ogni tentativo di abolire la schiavitù fallì.
Nel difficile equilibrio sempre da costruire tra il governo centrale e gli Stati dell’Unione con soluzioni di compromesso, l’unica istituzione al di sopra della battaglia politica fu ed è tuttora la Corte Suprema di Giustizia. C’era da affrontare l’altro enorme problema degli indiani, l’espansione a Ovest era contro di loro; il settimo presidente Andrew Jackson nutrì un folle odio contro gli indiani e gli inglesi e operò per una continua riduzione dei diritti degli indiani sulle loro terre per formare il grande impero del cotone. Per rabbia e contestazione la statua di Jackson è stata abbattuta nel recente fenomeno di iconoclastia alimentata dopo l’assassinio di afroamericani da parte della polizia.
Sono cadute o sono state sfregiate anche le statue di Cristoforo Colombo, di Robert Lee, a Bristol quella di Edward Colston ricchissimo commerciante di schiavi e di oro del sec. XVII, a Milano è stato inzaccherato il monumento a Indro Montanelli che fu responsabile di “madamato” (acquisto e matrimonio con una bambina in Etiopia).
Sono comportamenti che inquietano e mettono in discussione la filosofia della storia e della conservazione della memoria. L’antica iconoclastia del sec.VIII voluta dall’imperatore di Bisanzio contro il papa fallì gli obiettivi politici e ideologici, produsse solo fratture e guerre. Non basta abbattere le statue del passato per risolvere i problemi di oggi.