
Il Messaggio del Papa in vista della Giornata delle Comunicazioni Sociali: “Perché tu possa raccontare e fissare nella memoria”
“Nella confusione delle voci e dei messaggi che ci circondano, abbiamo bisogno di una narrazione umana, che ci parli di noi e del bello che ci abita”: è uno dei passaggi iniziali del Messaggio del Papa, scritto in occasione della 54a Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, che si celebra come di consueto nella festa dell’Ascensione, e che quest’anno ha per tema La vita si fa storia.
Viviamo infatti in un tempo caratterizzato spesso dalla falsificazione e dalla menzogna, soprattutto nell’ambito delle comunicazioni sociali, che hanno raggiunto una invadenza e preponderanza, tanto da fare parlare di “società informazionale”, per definire il contesto sociale nel quale siamo immersi.
Come in un turbine che rischia di farci perdere la bussola, l’era della comunicazione rischia di coincidere in realtà con quella della incomunicabilità tra le persone, dove si alzano muri e non ponti, mentre il trionfo dei big data può apparire come la sconfitta della sapienza necessaria per leggere e raccontare la “Storia” con la “S” maiuscola, dentro la quale ritrova il senso di ogni storia personale.
Nel primo capitolo del Messaggio, il papa parla di “Tessere storie”: “l’uomo non è solo l’unico essere che ha bisogno di abiti per coprire la propria vulnerabilità, ma è anche l’unico che ha bisogno di raccontarsi, di rivestirsi di storie per custodire la propria vita. Non tessiamo solo abiti, ma anche racconti: infatti, la capacità umana di tessere conduce sia ai tessuti, sia ai testi”.
In questo senso, il Papa intende cogliere un elemento essenziale dell’essere umano, cioè la capacità di narrare e raccontare storie, perché l’uomo non è solamente una memoria biologico-culturale, ma una persona chiamata dallo Spirito, ad esprimersi in modo multiforme: parole, immagini, suoni, musica e tanto altro. E a tutti il Papa chiede qual è la storia che ci raccontiamo, se è una storia vera o falsa, se è una storia dove c’è l’uomo, e c’è il mistero che lo racchiude o è una storia che cancella la nostra umanità, se è una storia aperta alla speranza o una storia chiusa, se è una storia che si compiace del male o che cerca sempre, in ogni situazione, la scintilla di bene capace di riscattarla.
Ecco allora che accanto alle nostre, c’è la Storia delle storie, cioè la Sacra Scrittura, vista come grande storia d’amore tra Dio e l’umanità. “Al centro c’è Gesù – aggiunge il Pontefice – la sua storia porta a compimento l’amore di Dio per l’uomo e al tempo stesso la storia d’amore dell’uomo per Dio: l’uomo sarà così chiamato, di generazione in generazione, a raccontare e fissare nella memoria gli episodi più significativi di questa Storia di storie, quelli capaci di comunicare il senso di ciò che è accaduto”.
E qui andiamo al titolo del Messaggio che è, “Perché tu possa raccontare e fissare nella memoria”, citazione dal libro dell’Esodo, a significare che la conoscenza di Dio si trasmette soprattutto raccontando, di generazione in generazione, come Egli continua a farsi presente nella vicenda di ciascuno, perché il Dio della vita si comunica raccontando la vita.
E questo è impegno di ciascun cristiano: “Quando facciamo memoria dell’amore che ci ha creati e salvati, quando immettiamo amore nelle nostre storie quotidiane, quando tessiamo di misericordia le trame dei nostri giorni, allora voltiamo pagina. Non rimaniamo più annodati ai rimpianti e alle tristezze, legati a una memoria malata che ci imprigiona il cuore ma, aprendoci agli altri, ci apriamo alla visione stessa del Narratore”.
Con il suo messaggio il Papa parla ai comunicatori, certo; ai giornalisti, sicuramente; ma si rivolge a tutti, perché ciascuno di noi a suo modo comunica, tutti siamo responsabili del mondo che la nostra narrazione ricama.
(df)