La lettera del parroco di S. Caprasio, don Lucio Filippi, ai fedeli di Aulla sulla vicenda che coinvolge la comunità religiosa dei Discepoli dell’Annunciazione

Sulla “terribile vicenda giudiziaria che ha coinvolto direttamente la comunità religiosa dei Discepoli dell’Annunciazione che risiede al Groppino, il parroco della pieve di S. Caprasio in Aulla, don Lucio Filippi, dopo essersi “consultato con il Vescovo Giovanni e i suoi collaboratori”, ha indirizzato una lettera ai suoi parrocchiani – letta alle messe domenicali – “perché da questa circostanza abbiamo occasione di dare vera testimonianza del nostro essere cristiani”. “I membri di questa comunità, spiega don Filippi, sono impegnati ormai da mesi nella pastorale del nostro territorio, sia collaborando nelle parrocchie sia con progetti portati avanti da loro stessi. Numerosi incontri, sia a livello vicariale che diocesano – spesso anche alla presenza del vescovo – si sono tenuti nella sede del Groppino. Abbiamo pregato con loro e vissuto momenti di convivialità fraterna”. Tutto questo senza che potesse nascere l’idea di qualcosa “di distorto, torbido, ingannevole, secondo le accuse adesso loro rivolte”.

Il parroco di S. Caprasio spiega, poi, che all’epoca dei fatti contestati “la comunità guidata da padre Giglio era molto numerosa”, mentre ora è ridotta a “tre sacerdoti e due fratelli”; segno, questo, che a parere di don Filippi “e secondo quanto riferitomi, può essere manifestazione della volontà di… mantenere un rigore morale all’interno del gruppo”. Entrando nel merito della vicenda, pur non volendo dare “una lettura di quanto stia accadendo a livello giudiziario”, dopo essersi informato, don Filippi ritiene “che ci siano alcuni elementi assolutamente non chiari e discordanti”; per questo richiama l’attenzione dei parrocchiani “sul rischio di giudizi temerari che potrebbero sorgere in merito”. “La Chiesa, continua, ha manifestato chiaramente e con coerenza la volontà di collaborare appieno con l’autorità giudiziaria e di questo non possiamo che essere lieti e grati”; sarà, quindi, “l’autorità giudiziaria a procedere con le indagini e a definire i contorni di questa terribile vicenda”. “Come cristiani, ricorda il parroco di Aulla, dobbiamo astenerci da processi sommari e sentenze preordinate, finalizzate a distruggere la vita e la reputazione di persone che, fino a prova contraria, potrebbero essere estranee e innocenti”, se non addirittura aver agito “per contrastare fenomeni drammatici per i quali ora sono sottoposte a indagini”. Quindi l’invito “a pregare per loro”, colpevoli o innocenti che dovessero risultare: “Come Gesù accoglieva i peccatori, anche noi, pur vigilanti, siamo chiamati ad accogliere ogni nostro fratello, confidando che ‘non vi è nulla di segreto che non debba essere messo in luce’”. “Preghiamo anche, conclude don Filippi, per chi si sente danneggiato e per coloro che devono giudicare perché tutto possa svolgersi celermente e secondo verità. Sono certo che ‘tutto volge al bene per coloro che amano Dio’ e anche questa tempesta sarà per la gloria di Dio e la purificazione della Chiesa”.
I dati dell’inchiesta giudiziaria
Nove sacerdoti e religiosi dell’ex comunità “Discepoli dell’Annunciazione” sono indagati per violenza sessuale di gruppo su due fratelli, che all’epoca dei fatti avevano 10 e 15 anni. L’associazione ha più sedi (la principale è quella di Prato) ed una di queste si trova ad Aulla, nella chiesa del Groppino. L’inchiesta della procura di Prato è stata avviata all’inizio di dicembre 2019, dopo la segnalazione dei servizi sociali che avevano in cura una delle due presunte vittime. Il principale accusato è don Giglio Gilioli, prete veronese di 73 anni, fondatore della comunità religiosa che accoglieva giovani da varie parti del mondo intenzionati a diventare sacerdoti. Gli avvisi di garanzia per ora sono nove: oltre a don Giglio sono indagati altri 4 preti, un frate e tre religiosi. I due fratelli, oggi di 29 e 22 anni, hanno raccontato di aver subito abusi fra il 2008 e il 2016, nel periodo in cui erano stati affidati dai genitori alla comunità di don Giglio. Poco prima che le accuse fossero rese pubbliche, il Vaticano aveva sciolto l’associazione religiosa di Prato, per motivi che nulla hanno a che vedere con i fatti contestati.