
Finalmente anche da noi ormai da diverso tempo arrivano opere letterarie dall’Islanda , paese a grande densità di produzione letteraria malgrado la scarsità della popolazione.
Questa volta è il caso di Audur Ava Olafsdottir di cui avevamo molto apprezzato i precedenti “Rosa candida”, “La donna è un’isola” e “L’eccezione” (tutti presso Einaudi). In questo caso si tratta di “Il rosso vivo del rabarbaro” (Edizioni Einaudi traduzione di Stefano Rosatti pagg.128 Euro 16) che costituisce la sua prima prova risalente al 1998 e che per questa occasione è stato rivista ed ampliata.
È la storia di Agustina ragazzina priva dell’uso delle gambe che vive in un piccolo villaggio sulla costa islandese costituito da poche casette basse che si perdono in un campo di rabarbaro rosso alla base di una montagna di ottocentoquarantaquattro metri di altezza. È accudita da Nina, una donna anziana e saggia e passa il suo tempo , oltre la scuola, arrancando con le stampelle per rifugiarsi sulla spiaggia o nel campo di rabarbaro leggendo le rare lettere che la madre le invia da ogni parte del mondo dove si è recata nelle sue ricerche da ornitologa, scrivendo a sua volta lettere che infila in bottiglie affidandole al mare e destinate al padre baleniere che non ha mai conosciuto. Ma queste pause servono anche a riflettere sul suo stato ed a progettare la scalata della montagna in solitaria alla ricerca di risposte che forse solo lassù pensa di poter trovare. Il rosso del rabarbaro incombe, non solo su di lei, anche perché il gambo vermiglio ed amarognolo della pianta è utilizzato dalle donne (pochi gli uomini presenti nel villaggio, sono quasi tutti impegnati per lunghi tempi nelle attività legate alla pesca) per molteplici scopi quasi sempre legati al cibo. Se non mancano contatti con le persone, tra tutti sopratutto Nina ed un giovane e stravagante simpatico meccanico tuttofare oltre ad un coetaneo col quale sembra simpatizzare, è sopratutto in un continuo rapportarsi con la natura che Agustina cerca di trovare le proprie radici sconosciute per dare risposte alle domande che in maniera incessante si pone ed al cui centro si trovano quelle sulla sua origine, sul suo stato fisico e sulla dimensione che la solitudine deve cercare per porvi fine unitamente alla vera ragione dell’assenza sempre più insopportabile della madre che pur le scrive, raramente, le sue profferte d’amore. Finalmente ha preso la sua decisione: scalerà la montagna da sola e giunta al limite troverà le risposte. Troverà?
Ariodante Roberto Petacco