Paolo VI e Romero, un umanesimo sensibile ai valori della fede

Domenica, 14 ottobre, Giovan Battista Montini (1897 – 1978) e Oscar Arnulfo Romero (1917 -1980) diventeranno santi nella medesima celebrazione. Ecco che cosa li accomuna

Papa Paolo VI con Madre Teresa di Calcutta: è il 6 maggio 1978
Papa Paolo VI con Madre Teresa di Calcutta: è il 6 maggio 1978

Domenica, 14 ottobre, diventeranno santi della Chiesa nella medesima celebrazione: Giovanni Battista Montini, Papa Paolo VI dal 1963 al 1978 e Oscar Arnulfo Romero, vescovo di San Salvador dal 1977 alla morte nel 1980. Cosa accomuna questi due uomini di fede, oltre al ruolo episcopale e all’avere entrambi vissuto nel XX secolo?
In apparenza molto poco: Montini è stato il Papa “intellettuale”, nato in una famiglia dell’operosa borghesia lombarda e formatosi nella Segreteria di Stato di quel Vaticano che lascerà per soli 9 anni per diventare Arcivescovo a Milano e che porterà a termine il Concilio Vaticano II. Romero, invece, è stato il vescovo martire degli oppressi dell’America Latina, assassinato il 24 marzo 1980 mentre celebrava la Santa Messa da uno squadrone della morte al soldo dell’oligarchia economica che controllava il paese centroamericano e che non sopportava più le sue denunce sulle condizioni sociali di El Salvador. 
In realtà, le affinità tra i due non sono poche e sono rilevanti, cosa che giustifica non come una semplice coincidenza la scelta di Francesco di canonizzare assieme i due vescovi. Romero avrà come riferimento, fin dai suoi ultimi anni di presbiterato (diventerà vescovo nel 1970) il Magistero di Paolo VI: tradizione e modernità. Paolo VI per Romero è il Pontefice che porta a conclusione il Concilio, rispetto al quale, nonostante il suo attaccamento alla tradizione, non resterà indifferente, comprendendo la novità di una Chiesa che si apre al confronto con i tempi nuovi.

Mons. Oscar Romero (1917 -1980)
Mons. Oscar Romero (1917 -1980)

Il Paolo VI che porta a conclusione il Concilio, che emana l’Ecclesiam Suam (1964) e la Populorum Progressio (1967), che viaggia ovunque nel mondo, che parla come “esperto di umanità” alle Nazioni Unite, è la figura che induce un Romero ancorato, fin dai tempi degli studi romani alla Gregoriana, ad una linea di intransigenza e di ricerca della perfezione cristiana ad un ripensamento del proprio modo di operare.
Paolo VI verrà descritto da Romero come “il Papa del dialogo”, il “leader della pace nel mondo”, il “pellegrino dell’amicizia tra i popoli”, “il profeta dello sviluppo sociale”, sia pure nella continuità di quella tradizione che Montini, pur nelle riforme (a partire da quella liturgica e da quella della lingua volgare), non volle mai abbandonare.
Ed è il Paolo VI della Evangelii nuntiandi (1975) il faro di Romero nel turbolento periodo postconciliare della Teologia della Liberazione latinoamericana. “La Chiesa accetta la lotta degli uomini per la liberazione, ma la incorpora al progetto di salvezza universale”, osserva il Papa nell’enciclica. Per Romero significava che la Chiesa faceva proprie le ansie di liberazione sociale dell’uomo, ma “una liberazione senza fede, senza Cristo, senza speranza, una liberazione violenta, rivoluzionaria, non è efficace, non è autentica. Si deve partire dalla redenzione in Cristo, dalla redenzione dal peccato”.
Anche la Populorum progressio sarà fonte di ispirazione per il vescovo centroamericano nel pieno della dittatura e della guerriglia che insanguina il Salvador, non risparmiando preti, catechisti, fedeli: la presa di distanza del Papa dalle insurrezioni rivoluzionarie, fonte di nuove ingiustizie, è la stessa di Romero: l’azione violenta, affermerà il presule “non è una soluzione giusta, perché dalla sua pratica può nascere un’autentica “mistica” della violenza, che può portare solo altri orrori. Siamo per l’opposizione non violenta e per il passaggio graduale alla democrazia”.
L’enciclica sul progresso dei popoli è forse il documento di Paolo VI che meglio di altri tratteggia il rapporto tra Chiesa e mondo, tra uomo e Dio, che Papa Montini voleva comunicare: un nuovo ordine mondiale, che salvaguardi i diritti fondamentali delle persone e dei popoli, che impedisca lo sfruttamento indiscriminato delle risorse, che consenta l’accesso di tutti ai beni necessari e fondamentali, materiali e immateriali, ma che faccia spazio ad uno sviluppo integrale dell’uomo, un “umanesimo plenario”, sensibile ai valori dello spirito perché “senza dubbio l’uomo può organizzare la terra senza Dio, ma senza Dio egli non può alla fine che organizzarla contro l’uomo”.
Nella periferia esistenziale del Salvador – per usare un termine caro al Papa latino americano Francesco, pontefice le cui assonanze con il magistero di papa Montini sono evidenti – Oscar Romero ha tentato di rendere concreto l’umanesimo plenario di Paolo VI: ecco perché domenica 14 ottobre saranno santi assieme.

(Davide Tondani)