
Per la prima volta l’Italia ha respinto i migranti in difficoltà. È stato negato l’obbligo di accoglienza. La nave Aquarius, con 629 migranti a bordo, ora fa rotta verso la Spagna.
Negando alla nave Aquarius di “Sos Mediterranée” con 629 migranti a bordo (tra cui bambini e donne incinte) di attraccare in uno dei porti italiani il nostro governo è venuto meno all’obbligo giuridico di portare le persone in un porto sicuro. L’intervento a sorpresa della Spagna non ha spostato i termini della questione.
Non ha dubbi su questo principio Lorenzo Trucco, presidente dell’Associazione studi giuridici immigrazione (Asgi), che si è espresso in tal modo in una intervista rilasciata a Agensir. Quello che è accaduto, ribadisce, è “agghiacciante” e ricaccia l’Italia “in una posizione di assoluta arretratezza e violazione della normativa”. A dettare un giudizio sulla vicenda sono sia elementi di diritto internazionale che di diritto interno. La salvaguardia della vita in mare comprende anche la conduzione delle persone salvate in un porto sicuro. In caso di situazioni di pericolo l’accesso ai porti non può essere negato.
La nostra responsabilità, poi, è determinata dal fatto che i soccorsi vengono coordinati dalle autorità marittime italiane. Chiudere i porti è illegittimo e contrario alle ultime conquiste del sistema dei diritti umani, una delle cose di cui l’Europa può andare fiera. Il pericolo sta nel fatto che la storia ci ha dato esempi tragici di come si comincia con alcune leggi restrittive rispetto ad alcune categorie di persone e poi si prosegue.
Certo non si può negare che siano necessarie modifiche al Regolamento di Dublino, che vincola l’accoglienza al primo Paese di arrivo, così come c’è accordo sul fatto che l’Italia non debba sopportare da sola tutto l’onere dell’accoglienza, ma tali considerazioni non possono venire prima dell’obbligo dell’accoglienza.
Il Parlamento europeo tratterà questi temi alla fine del mese di giugno e sarà importante che la proposta in discussione non venga affossata.
Ciò che desta maggiori preoccupazioni, però, è la volontà di ridurre i diritti per alcune categorie più deboli che al momento appaiono minoritarie.
La storia insegna che si inizia con i più deboli, ma poi la privazione dei diritti si estende ad altre categorie di volta in volta più vulnerabili. Invece, l’affermazione e il rispetto dei diritti nascono proprio in difesa dei più deboli perché i potenti non ne hanno bisogno.
Alla fine di tutto c’è l’aberrante idea di non considerare i migranti come persone e quindi di non riconoscere loro i diritti fondamentali: un ritorno ad una situazione addirittura pre-ottocentesca.
Se non giustificato, quanto avvenuto può essere spiegato con la voglia del governo di dare segni chiari nei primi 100 giorni di vita. Consola il fatto che molte forme di solidarietà si stiano attivando per reagire a questa situazione. Sempre di più, non solo in Italia, fette di società civile si oppongono e chiedono di conoscere e di sapere.