
Voci da tutto il mondo per un unico, grande messaggio di speranza: quello del rispetto assoluto della dignità femminile; una giornata, quella dell’8 marzo, da declinare al femminile da parte di tutti e che impone un bilancio del cammino fatto dalle donne, dei traguardi faticosamente conquistati, delle sfide ancora aperte, della lotta da combattere insieme per abbattere la mole di violenza che l’altra metà del cielo subisce. Un cancro sociale, sinonimo di barbarie, che non si può tacere.
Transitare a fianco del male senza fare nulla, scrollare le spalle, scegliere l’omertà e l’indifferenza ci rende corresponsabili di morti assurde.
La “Giornata internazionale della donna”, allora, non dovrà avere solo lo stesso cerimoniale di sempre: convegni, cortei, mostre, dibattiti, fiori, promesse a buon mercato, bensì una presa di coscienza chiara e netta per sconfiggere l’ottuso maschilismo che, con sterili pretesti, continua a negare i sacrosanti diritti delle donne. Pur celebrata da artisti e cantata da poeti, nonostante i sigilli di pari dignità con l’uomo impressi da Dio sin dall’inizio della Creazione, le donne continuano a lottare per il riconoscimento del valore “persona”.
Il discorso è chiaro, non c’è possibilità di equivoco: Dio creò l’uomo e la donna a sua immagine, quindi sostanzialmente uguali, per sottolineare la complementarietà dei due esseri che trovano nell’unione la loro completezza.
Basta, quindi, donne ferite, violate, umiliate, isolate, soppresse. Donne che portano, per sempre, nel corpo e nell’anima, i segni di incontri con uomini privi di valori, cattivi, immaturi, mai cresciuti. I centri di aiuto e le associazioni di volontariato stanno facendo molto per tendere una mano alle donne in difficoltà e per annullare le sopraffazioni che hanno, a monte, una visione distorta della donna. L’uomo fatica ad accettare un rifiuto, segno di indipendenza e di coraggio.
Ed allora accanto alle leggi e alle pene, necessarie e indispensabili, urge un’opera educativa fin dai primi anni di vita. L’educazione all’affettività da parte dei genitori e degli educatori è importantissima per un recupero convinto, profondo e radicale della questione femminile, rimuovendo ogni sorta di pericoloso pregiudizio, aprendo la strada alla serena convivenza nel rispetto reciproco della dignità delle due metà del mondo.
Per il prossimo 8 marzo, oltre ai rami “ridenti” della mimosa effimera, vorremmo regalare ad ogni donna, al di là dell’età anagrafica, prigioniera o recidiva da amori malati, la forza della libertà e del volersi bene. Nessuna seconda chance per i danni subiti. Raggiungere un livello di autonomia tale da sentirsi appagate, anche sole, implica scelte a volte difficili, ma certamente più giuste di quelle che portano a rendersi complici della propria infelicità.
Ivana Fornesi