Il futuro: il grande assente dalla campagna elettorale

Elezioni. Forse può essere considerata la più povera di contenuti della storia repubblicana

09Parlamento_MontecitorioSi chiude, mentre il settimanale è già nelle mani dei lettori e forse sono già noti gli esiti delle elezioni, quella che forse può essere la campagna elettorale più povera di contenuti della storia repubblicana.
Le plance elettorali vuote e gli eventi elettorali lontani dalle piazze e dai palazzetti non sono solo il frutto dello strapotere dei social network o delle rigidità dell’inverno: sono l’emblema di partiti che non hanno avuto nulla da dire oltre le promesse di programmi di spesa faraonici coperti da maggiori entrate o tagli di spesa incerti ed insufficienti.
Nel 2001 e 2006 assistemmo a due campagne elettorali con al centro temi allora rilevanti come il fisco, l’ingresso nell’euro, il lavoro, il ruolo dell’Italia politico ed economico in uno scenario mondiale globalizzato; nel 2013 il confronto riguardava la strada per uscire da una crisi politica, morale ed economica che incideva dolorosamente sul tessuto sociale del Paese.
Queste elezioni, al contrario, non hanno messo a fuoco nemmeno uno dei temi rilevanti dei prossimi anni. Il traino dell’intera campagna elettorale è stata la cronaca quotidiana: l’immigrazione, associata di volta in volta alla sicurezza, all’identità nazionale, ai rigurgiti fascisti.
Ma i grandi temi, quelli che determineranno il futuro dell’Italia da qui a 15-20 anni, non si sono mai imposti nella campagna elettorale.
Uno di questi è la grave crisi demografica del Paese. Dal 2008 al 2016, informa l’Istat, si sono avute 100 mila nascite in meno (12 mila solo tra il 2015 e il 2016); le famiglie di origine non italiana non sono in grado di compensare le minori nascite tra le famiglie autoctone: le donne straniere, ci informano i demografi, in una generazione assumono i comportamenti riproduttivi della popolazione locale. Un paese vecchio sarà un paese squilibrato, dove i cali di produttività renderanno problematico il finanziamento di un sistema previdenziale e sanitario sempre più costoso. I vari partiti si sono limitati a promettere ancora bonus bebè e sgravi, nonostante i risultati sconfortanti degli ultimi 10 anni. Di ammettere che la natalità riprende assicurando non sconti fiscali, ma servizi e diritti, non si trova traccia.
09industria4L’altro grande assente dalla campagna elettorale è il tema della rivoluzione industriale che già oggi sta sconvolgendo la produzione: è la rivoluzione della robotica e dell’utilizzo di dati, intelligenza artificiale e internet. Secondo il rapporto pubblicato lo scorso autunno dalla Commissione lavoro del Senato, il 10% dell’attuale forza lavoro rischia nei prossimi anni di essere sostituita da robot, mentre il 44% dovrà modificare le proprie competenze. Lavori ripetitivi e routinari saranno svolti da macchine e non da uomini, con un impatto fortissimo sul settore manifatturiero e impiegatizio.
A fronte di questi cambiamenti quali sono state le proposte dei partiti su scuola e università? O in tema di redistribuzione della ricchezza o del lavoro?
Eppure in Germania si sperimenta la riduzione volontaria dell’orario di lavoro, mentre l’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil) avverte: paesi come Cambogia, Indonesia, Vietnam, Filippine e Thailandia, a causa della tecnologia, avranno una perdita del 56% dei posti di lavoro. Con conseguenze facilmente prevedibili dal punto di vista dei flussi migratori nel mondo e anche nel nostro Paese, dove la contabilità degli sbarchi brandita come scudo o come lancia da tutte le forze politiche non tiene conto di un mondo sull’orlo di una grande e incontrollabile trasformazione.
“Oggi non viviamo un’epoca di cambiamento quanto un cambiamento d’epoca”, disse Papa Francesco al convegno ecclesiale di Firenze, nel novembre 2015. La politica italiana sembrerebbe non essersene accorta.

Davide Tondani