Fine legislatura: i problemi reali del Paese al centro del dibattito politico

Verso le elezioni politiche.
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha sciolto le Camere, si vota il 4 marzo

01MattarellaEspletati i passaggi previsti dalla Costituzione – decreto presidenziale di scioglimento delle Camere e decreto governativo delle elezioni per il rinnovo del Parlamento – la fine legislatura è diventata ufficiale, come certa è la data delle elezioni: il prossimo 4 marzo. Spiace dirlo, ma di sicuro ci sono solo questi fatti e poco più.
Per il resto, tutti gli scenari rimangono aperti: dalle incertezze legate al “Rosatellum” alle coalizioni che quella legge rende quasi obbligatorie, dalla possibilità che dalle urne esca una chiara indicazione di Governo, fino all’incubo di nuove elezioni a tamburo battente.
Detta in tal modo, sembra che l’unica ancora di salvezza sia rappresentata dagli italiani, se è vero che il nostro Paese riesce a dare il meglio di sé nelle situazioni più disperate. Anche se noi restiamo dell’idea che sarebbe meglio evitare le emergenze. Certo, l’Italia non rimarrà senza governo, dato che Gentiloni rimarrà in carica per “il disbrigo degli affari correnti”, ma c’è il fatto innegabile che il Paese non può restare a lungo con un Governo limitato nei suoi poteri, anzi, la velocità degli eventi politici ed economici a livello europeo e mondiale richiedono governi stabili ed autorevoli, capaci di interventi che vadano oltre l’ordinaria amministrazione.
Con la data certa delle elezioni diventa ufficiale anche la campagna elettorale. Non che ci sia molta differenza da questo punto di vista per il cittadino perché la politica urlata venuta di moda in questi ultimi anni fa sì che l’atmosfera dei dibattiti, soprattutto televisivi, dia l’impressione di una continua preparazione allo scontro elettorale. Lo sanno bene i politici che, con rarissime eccezioni, sfruttano le apparizioni sul piccolo schermo per darsi visibilità e demolire la credibilità degli avversari.
45parlamentoLo sanno altrettanto bene i mezzi di informazione che della politica urlata fanno la base per la battaglia degli indici di ascolto. Il tutto senza tener conto del rispetto per i cittadini che avrebbero diritto ad una corretta informazione. Invece l’impressione che si ricava dai talk show è che abbia la meglio chi urla lo slogan più accattivante e le promesse più allineate ai sondaggi di opinione, a prescindere dalla loro credibilità. Per questo i protagonisti di quei programmi sono quasi sempre gli stessi, scelti in base alla loro capacità di sovrastare e offendere gli avversari.
Questo è il clima che si annuncia per i prossimi due mesi perché è impensabile che si tornino a privilegiare i ragionamenti a scapito degli slogan. Invece di affrontare il problema, ormai preoccupante, dell’astensionismo attraverso accurate forme di informazione sui gravi problemi che attanagliano il Paese – per i quali nessuna forza politica può, in buona fede, affermare di possedere la bacchetta magica – c’è la quasi certezza di assistere ad annunci di promesse e impegni oggettivamente difficili da rispettare all’indomani del voto. Per qualche punto di percentuale in più o in meno, che per tanti partiti minori rappresenterà la soglia di sopravvivenza, si getteranno sul tavolo carte false, ma capaci di attirare voti.
Sarà invece difficile leggere o ascoltare programmi che propongano interventi su problemi che hanno una scarsa presa sull’elettorato, a cominciare dal debito pubblico per continuare con il fisco, la burocrazia statale, la giustizia civile, le differenze economiche tra le diverse zone del Paese. Tutti problemi che presenteranno subito i conti al nuovo Parlamento e che difficilmente troveranno risposte adeguate nelle chiacchiere vuote diffuse nel corso della campagna elettorale.

Il messaggio di fine anno di Mattarella: è “futuro” la parola-chiave

“Non possiamo vivere nella trappola di un eterno presente, quasi in una sospensione del tempo, che ignora il passato e oscura l’avvenire, così deformando il rapporto con la realtà…”. Nel discorso di fine anno, iniziato con il richiamo ai 70 anni della Costituzione, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha saputo concentrare così tanti spunti significativi che questa annotazione “sociologica” è finita per passare in secondo piano. Eppure essa coglie con estrema sintesi l’impasse di una società in cui molti fattori, in primo luogo l’uso dissennato e totalizzante di internet, rischiano di azzerare il senso stesso del tempo e della realtà. Sono in gioco le stesse basi del vivere sociale, la stessa democrazia perché essa – sono ancora parole di Mattarella – “vive di impegno nel presente, ma si alimenta di memoria e di visione del futuro”. A fronte di mutamenti epocali, “occorre preparare il domani”, “interpretare e comprendere le cose nuove”, perché “i cambiamenti vanno governati per evitare che possano produrre ingiustizie e creare nuove marginalità”. “L’autentica missione della politica” consiste, appunto, “nella capacità di misurarsi con queste novità, guidando i processi di mutamento”, per “rendere più giusta e sostenibile la nuova stagione che si apre”; nella Costituzione si possono trovare gli “attrezzi per riuscire in questo lavoro”. Quanto alla campagna elettorale avviata con lo scioglimento delle Camere, Mattarella ha tenuto a ribadire la sua totale imparzialità – “Non è mio compito formulare indicazioni” – pur sottolineando due elementi fondamentali: il dovere dei partiti di presentare “proposte adeguate” – “realistiche e concrete”, ha ulteriormente specificato – e l’evidenza del lavoro – “anzitutto per i giovani ma non soltanto per loro” – come “la più grave questione sociale”.

(Antonio Ricci)