Il giorno del silenzio, nell’attesa della domenica senza tramonto

Il significato del Sabato santo, il giorno senza messe. Una strada che conduce verso la resurrezione in Cristo

Il sabato santo è giorno di silenzio e attesa. Un giorno nel quale ci disponiamo a vivere una sorte di “epifania”, quella della grazia di Cristo che spalanca i sepolcri e si manifesta a noi per aprirci la strada per una “vita nuova”.
Per antica tradizione il sabato santo è giorno nel quale non vengono celebrate messe e che ci introduce alla vera Pasqua: dal buio della morte alla luce della vita. È un giorno nel quale, alla richiesta di conversione e di penitenza, risponde la Chiesa intonando l’Alleluia della Pasqua, nell’attesa della domenica senza tramonto.
Certamente anche gli apostoli – che pure avevano conosciuto e seguito Gesù, il Maestro – avranno vissuto quel sabato come un giorno di smarrimento. Anche loro, sconsolati e sperduti, avranno sperimentato il sentimento dell’angoscia e anche la loro fede può aver dubitato ma la fiducia nel Signore li ha svegliati dal sonno e ha aperto loro gli occhi: verso l’aurora della vita.
Il sabato santo inoltre è quel giorno in cui Cristo come un possente, con segno di vittoria coronato (Canto IV Inferno) è disceso agli inferi per liberare le anime di quei giusti che sono morti prima della sua nascita e per aprire loro le porte del Paradiso.
E proprio da quel viaggio di discesa, con la salvezza di Adamo – il primo uomo, riprende la salvezza dell’umanità. Un’umanità che ancora oggi troppe volte continua a sperimentare il “sabato santo”, cioè a vivere come se Dio non esistesse.
L’uomo del nuovo millennio è uomo del sabato santo cioè uomo che ha dimenticato che la misericordia di Dio ci ha salvati attraverso la vita di Suo Figlio. Troppe volte siamo assopiti nei nostri pensieri, troppe volte ci lasciamo prendere dalle inquietudini del tempo e dimentichiamo la luce della Pasqua, quella luce che simboleggia l’amore di Dio.
E così come quelle guardie che dovevano “vigilare” il sepolcro di Cristo – e che magnificamente sono simboleggiate da Piero della Francesca nella sua Risurrezione – anche noi dormiamo un sonno pesante. Un sonno che ci fa rimanere nell’ombra e nel quale non siamo capaci di lasciarci raggiungere dal raggio di sole del Risorto.
Quando si avvicina Pasqua siamo dediti a preparare il pranzo pasquale, a scartare le uova di cioccolato, a mangiare la colomba ma poco avvezzi a vivere la Pasqua come un autentico momento di fede. La Pasqua però ci porta a riscoprire come l’origine della vita sia “rigenerata” per sempre, così come affermano le parole di una “santa” contemporanea: “Siamo nati e non moriremo mai più”.
Per un credente, il sabato santo simboleggia dunque il trampolino per non morire mai più. È la strada che conduce a riscoprire, anche attraverso i simboli della liturgia, il canto, i fiori variopinti, le musiche più allegre come il colore rosso della passione e il viola della penitenza siano vinti dal bianco che richiama lo splendore.
È in questo senso che le parole dell’Apostolo Paolo ci spronano a essere “risorti con Cristo” per cercare “le cose di lassù”. Cioè ci invitano a ritrovare l’armonia, a combattere l’invidia e le maldicenze, a riscoprire il senso autentico della pace.
E il primo dono che Gesù Risorto consegnerà agli apostoli, quando ancora sono rinchiusi e impauriti nel cenacolo, è proprio la pace. Una pace che scaturisce dal suo costato e che ci richiama a superare il sabato come se fosse semplicemente un giorno di attesa, un giorno di passaggio, un giorno in cui la speranza può e deve essere l’unica risposta alle attese dell’uomo.
È con questo spirito che ogni anno dobbiamo accogliere le celebrazioni del triduo pasquale perché, alla morte e la passione, soccomba il lasciarci pervadere dalla gioia. Una gioia che la veglia pasquale, “madre di tutte le veglie” e che si celebra mentre il sabato santo va a chiudersi, ci sprona a fare nostra completamente per lasciare spazio alla domenica: il giorno della salvezza, il giorno della certezza, il giorno della vera fede.

Fabio Venturini