
Il discorso di fine anno del Presidente della Repubblica. Guerre e conflitti crudeli, i sempre più difficili rapporti fra gli Stati, il cambiamento climatico, le tante contraddizioni e i forti squilibri anche nella nostra società. Ma anche tante persone animate da vivo sentimento di servizio

(Foto Paolo Giandotti – Ufficio Stampa Presidenza della Repubblica)
Come ogni anno la sera del 31 dicembre, a reti unificate, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha pronunciato il suo tradizionale discorso. Il messaggio di fine anno costituisce una delle poche occasioni nelle quali il capo dello Stato si esprime sulle principali questioni di attualità in un modo più libero e meno circostanziale rispetto ad altri momenti ufficiali.
Anche per questo, oltre che per la sua ritualità, è un evento molto atteso: gli argomenti trattati e le parole utilizzate sono spesso molto commentati nei giorni successivi.
Tra le parole del capo dello Stato ce n’è una che è stata ripetuta sei volte, e all’insegna della quale si può leggere il suo intero discorso: speranza. Una speranza di cui nella nostra società, italiana quanto globale, c’è grande bisogno, come ha riconosciuto Mattarella citando Papa Francesco e la recente apertura del Giubileo.
Una bambina morta di freddo la notte di Natale a Gaza, la popolazione ucraina nella stessa notte costretta al buio e al gelo dagli attacchi russi e gli ostaggi israeliani catturati da Hamas: queste sono le immagini utilizzate dal Presidente per riferirsi alla situazione internazionale e alla guerra che ancora attanaglia l’Ucraina e la Palestina.
Immagini scomode, che interrogano anche le nostre coscienze: da qui, l’augurio e la richiesta della pace, che la nostra Costituzione indica come “obiettivo irrinunziabile”. Una pace vera, che tuteli i diritti di ogni popolo e di ogni singolo, e che per questo possa essere duratura.

(Foto Paolo Giandotti – Ufficio Stampa Presidenza della Repubblica)
A questa considerazione non può che legarsi chiaramente la vicenda dell’arresto e della detenzione in Iran della giornalista Cecilia Sala, fatto avvenuto il 19 dicembre e reso noto solo una settimana dopo, con il riconoscimento da parte del presidente dell’importanza di un’informazione libera e del giornalismo di qualità, che può essere fonte di pericolo e rischio per gli stessi giornalisti che operano in zone di guerra.
Il nostro è un tempo caratterizzato da contraddizioni e squilibri, che rischiano di creare incertezza e senso di impotenza nella popolazione. Le opinioni politiche sono sempre più estreme e divisive, la ricchezza economica è maggiormente concentrata nelle mani di pochi a discapito della classe media sempre più povera.

Le priorità dei governanti sembrano essere sempre più slegate dai bisogni avvertiti dalla popolazione, se si pensa che la spesa per gli armamenti è otto volte maggiore di quella corrisposta per la lotta al cambiamento climatico all’ultima conferenza sul clima, rendendo evidente quella che il presidente Mattarella ha chiamato “una sconfortante sproporzione”.
Anche i riferimenti alla situazione italiana evidenziano una realtà complessa, composta di elementi positivi e negativi che stridono tra loro. La sanità vede da un lato la scoperta di nuove cure mediche, dall’altro la lentezza delle liste d’attesa, che costringono molti pazienti a rinunciare a curarsi.
L’economia presenta dati positivi sull’export e sul turismo, ma soffre una disomogeneità territoriale tra Nord e Sud e la mancanza di opportunità per i giovani, che spesso sono costretti a dover emigrare. Ma la nostra è anche una società illuminata dagli esempi di coloro che con rettitudine, ottimismo e spesso poco riconoscimento servono il paese.
È in questo che sta il senso più profondo del termine “patriottismo”: persone dalla più diversa origine e che svolgono i compiti più vari, ma che sono animate da un sentimento vivo di servizio, che contribuisce a dare realtà a quella speranza tanto attesa.
Gli esempi di Mattarella sono in questo particolarmente calzanti: non solo coloro che svolgono un mestiere come i medici, gli insegnanti, le forze dell’ordine, ma più generalmente chi, a partire dalle proprie condizioni, contribuisce come può all’arricchimento della società. Sammy Basso, che il Presidente non ha mancato di ricordare, ne è l’esempio più bello.
Nell’anno in cui sarà celebrato l’ottantesimo anniversario della Liberazione, le parole di Mattarella ci invitano a tenere alti quei valori che ancora oggi sono alla base della nostra convivenza. Un appello che ci induce ad agire, a metterci in moto, a fare ognuno la propria parte per il paese, con impegno e senza dimenticare il rispetto (parola dell’anno secondo l’Istituto Treccani) per gli altri. Affinché quella speranza tanto attesa possa tramutarsi in realtà.
Mattia Moscatelli