
Si trova in val di Vara, nel territorio di Veppo: un antico edificio meta dei “trasporti” anche dallo zerasco e dal mulazzese

Non lontano dall’abitato di Veppo, nel territorio comunale di Rocchetta Vara, l’oratorio di Bocchignola sorge in alto, a 607 metri, non lontano dal Passo dei Casoni, su un ampio pianoro che si affaccia sulla media valle del torrente.
Una realtà poco nota, oggi intitolata alla Madonna del Carmine, in gran parte dimenticata se non fosse per un progetto di recupero messo a punto dalla parrocchia e per la rinnovata attenzione suscitata dalla passione di alcuni cultori di storia locale.

Interesse per la storia e le tradizioni locali che, di recente, ha portato alla pubblicazione del fascicolo “La chiesa di Bocchignola e la Strada dei Morti. Tra mito e storia” (Consorzio “Il Cigno”, 2024) nel quale si ripercorrono le vicende di una presenza che, per secoli, ha coinvolto un territorio ben più vasto dei confini strettamente locali, arrivando anche alle comunità delle aree montane degli attuali comuni di Zeri e di Mulazzo.
I due autori, Mario Astraldi e Nello Giancarlo Rebecchi, hanno unito le scarse notizie ricavate dai documenti ai racconti tramandati da una generazione all’altra, introducendo il tema del culto dei defunti che aveva il punto di riferimento nella chiesetta di Bocchignola (nota fin dal XIII secolo come “Ecclesia de Bucagnola”).
Proprio qui, infatti, la tradizione vuole che si venisse a seppellire i propri cari, anche da molto lontano, secondo una consuetudine che coinvolgeva le comunità locali e alcune al di là del crinale fino ad alcuni paesi dello Zerasco, in primis Bosco di Rossano.
Fulcro attorno al quale ruotava questo stretto rapporto era il passo dei Casoni, frequentato ancora nel presente soprattutto da quanti vivono nei paesi di Montereggio e Parana, che continuano a mantenere stretti rapporti di frequentazione con le comunità oltre il crinale, da Zignago a Suvero e Veppo, appunto.
Tutto reso più difficile oggi dalla chiusura della strada provinciale che risale la valle del Mangiola, visto che lunghi tratti sono stati spazzati via dall’alluvione dell’ottobre 2011 e ancora non ricostruiti.

Del resto, a testimonianza dei contatti stretti fra la Lunigiana interna e quel territorio, è bene ricordare che dal 1787, anno della creazione della nuova diocesi di Pontremoli, la comunità di Veppo con la sua chiesa parrocchiale dedicata a San Michele e con la chiesetta in questione, era stata inserita fra quelle costituenti la nuova istituzione ecclesiastica. Questo fino al 1901 quando quelle aree della Val di Vara vennero assegnate alla neonata diocesi di Massa per passare, infine, alla diocesi di Brugnato nel 1959.
Inoltre ben nota è l’esistenza di un antico percorso incentrato sul crinale, che in un certo periodo storico è noto come la “Strada Regia”, che dalla media valle della Magra saliva fino al passo dei Due Santi (o, ancor prima, del Faggio Crociato) che per secoli ha avuto un ruolo strategico negli scambi tra le comunità locali e anche tra realtà geografiche distanti fra loro.
Ma davvero esisteva una “strada dei morti”, cioè un itinerario lungo il quale già in epoca remota ci si incamminava percorrendo anche chilometri fino ad arrivare all’Ecclesia de Bucagnola per effettuare il rito della sepoltura?
Il rinvenimento nel 1900 di numerosi resti umani nel terreno circostante l’edificio e la presenza ancora oggi del cimitero della comunità a pochi metri da essa non sono indicazioni risolutive.
Tuttavia, ci viene in aiuto Carlo Caselli che, all’inizio degli anni Trenta del Novecento, ha percorso gran parte della Lunigiana storica, annotando notizie e curiosità, tradizioni e consuetudini. Descrive il territorio di Veppo come un’area di antica frequentazione, abitata già prima dei Liguri Apuani (in loc. Borseda è stata ritrovata una testa di statua stele), luoghi di leggendari balli di donne che agitavano fiaccole, di immaginari cortei di fantasmi in una delle notti della “settimana dei morti”.
Caselli riporta anche quanto ascoltato nelle comunità di Zignago, Zeri e Rossano: qui aveva appreso come a Bocchignola fosse il camposanto dove anche da quelle località si portavano i propri defunti utilizzando, appunto, la Strada dei Morti. Un itinerario già conosciuto in epoca preistorica alle tribù liguri che, quindi, vi avrebbero per prime organizzato una necropoli.
Possibile che tale consuetudine si sia conservata non solo nei primi secoli della cristianità ma ancora per molto tempo fino a tutto il Medioevo e oltre?
In effetti, come spiega ad esempio in un saggio la prof.ssa Francesca Romana Stasolla (Università della Sapienza) “piccoli nuclei di sepolture sono stati rinvenuti anche in contesti rurali, in connessione con un abitato disperso che aveva un suo punto focale nell’aula di culto o comunque in struttura romane” ancora esistenti per quanto cadenti. Aule di culto che, “a partire dal VII secolo cominciarono a sviluppare una funzione cimiteriale, a servizio di un abitato disperso che trovava in queste chiese un polo aggregante”.
Dinamiche che – prosegue la prof.ssa Stasolla – “anticiparono le funzioni del sistema pievano che si definì attorno al IX secolo” quando ampie porzioni di territori avevano una pieve quale punto di riferimento anche per la sepoltura dei propri defunti.
Oggi è difficile immaginare lunghi cortei funebri in partenza dalle valli di Rossano per trasportare i propri morti, superando torrenti e crinali fino alla chiesetta di Bocchignola.
Eppure questa consuetudine trova ancora qualche eco recente nei ben noti “trasporti” dei defunti dai paesi privi di camposanto fino all’unico cimitero esistente, più o meno vicino, con ripetute soste dove gli uomini riposavano adagiando il catafalco su uno dei numerosi “posadori” esistenti.
Paolo Bissoli