
Rapporto tra Conferenze episcopali e diocesi, formazione dei candidati al ministero ordinato, liturgie più “sinodali” tra gli argomenti più discusso nell’aula Paolo VI. Ma è sul ruolo della donna nella Chiesa che si sono registrate le maggiori divisioni. Il Papa: “custodire e promuovere l’armonia nella Chiesa”

Il Sinodo universale, giunto al suo atto conclusivo il 27 ottobre, non passerà nella storia della Chiesa senza lasciare segno, a giudicare dalle tante sollecitazioni che ha raccolto, sia nel metodo che nel contenuto.
E il Papa ne è consapevole: “ci sono e ci saranno decisioni da prendere”, ha detto a chiusura dei lavori. Il metodo del camminare assieme – Papa, vescovi, popolo di Dio – sta diventando uno stile per la Chiesa. Certo, non senza difficoltà, segnalate dagli addetti ai lavori: un metodo di lavoro molto ingessato, scarse interlocuzione con i mass media durante i lavori, temi sottratti alla discussione come il diaconato femminile, nonostante nella sessione di un anno fa l’assemblea si era dichiarata a larga maggioranza favorevole alla discussione del tema.
Tuttavia, la decisione di Francesco di escludere la pubblicazione di un’esortazione post-sinodale, una prerogativa riservata al Papa che consente di recepire, modificare o non recepire le proposte dell’assemblea, va in direzione di un’apertura a processi condivisi.
“Nel documento – ha dichiarato il Pontefice – ci sono già indicazioni molto concrete che possono essere di guida per la missione delle Chiese, nei diversi continenti, nei diversi contesti: per questo lo metto subito a disposizione di tutti”.

Allargare la partecipazione sconta il problema dell’emergere di differenze di opinioni e di vedute. Il Sinodo ne ha già dato prova e il Papa stesso ha ammesso che su alcuni aspetti del documento “c’è bisogno di tempo”.
La pluralità delle opinioni è da conciliare dando forma – queste le intenzioni espresse dal Pontefice – ad una “convivialità delle differenze” all’interno della Chiesa. La scelta del Papa di non prendere decisioni può essere vista come una preoccupazione di Francesco rispetto alle divisioni emerse, ma anche come un complesso e necessario esercizio di equilibrio: “anche il Vescovo di Roma – ha spiegato infatti papa Bergoglio – ha bisogno di praticare l’ascolto, anzi vuole praticare l’ascolto. E il mio compito è di custodire e promuovere l’armonia che lo Spirito diffonde nella Chiesa”.

All’interno di un testo che per la maggior parte delle proposizioni ha ottenuto maggioranze altissime, i “non placet” sono aumentati sul vincolo ecclesiale tra conferenze episcopali e diocesi, sulla richiesta di studiare “come rendere le celebrazioni liturgiche più espressive della sinodalità” e sull’esigenza che «i percorsi di discernimento e formazione dei candidati al ministero ordinato siano configurati in stile sinodale»; punti, gli ultimi due, sintomatici di qualche resistenza clericale all’interno dell’aula sinodale.

Ma è stato il tema della questione femminile ad avere la più bassa cifra di consensi. Dopo l’affermazione che le donne “costituiscono la maggioranza di coloro che frequentano le chiese», il documento afferma che esse “contribuiscono alla ricerca teologica” e che “sono presenti in posizioni di responsabilità nelle istituzioni legate alla Chiesa, nelle curie diocesane e nella Curia Romana”.
L’invito dell’assise sinodale è di “dare piena attuazione a tutte le opportunità già previste dal diritto vigente relativamente al ruolo delle donne, in particolare nei luoghi dove esse restano inattuate”». Troppo, per qualche membro sinodale, troppo poco per altri: due insoddisfazione opposte che, assieme, hanno portato i contrari al 27%.
E mentre rimane aperto il tema del diaconato femminile, affidato al Gruppo di studio coordinato dal prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, sembra alquanto profetica l’affermazione che chiude il paragrafo riguardante donne e Chiesa: “non si potrà fermare quello che viene dallo Spirito Santo”.
(Davide Tondani)