
La più grande fiera del comprensorio, quella di Filetto, in crisi da diversi anni, squarcia il velo sulle difficoltà di eventi popolari messi a dura prova dai tempi che cambiano.Ma alcuni esempi dimostrano che rilanciare queste storiche manifestazioni è possibile.

è ancora la regina delle fiere: quella che almeno dal XVII secolo si tiene nella Selva del Filetto è la più famosa, frequentata e grande delle fiere lunigianesi. Celebrata anche come la fiera dei fidanzati (fino a quando non arrivò la ferrovia, con la discesa dal treno di una madama che cancellò scandalosamente il romanticismo di quell’incontro sotto i castagni, racconta Campolonghi in una straordinaria pagina del suo “Una città italiana tra l’80 e il ‘900”), l’appuntamento di fine estate di San Genesio appare da tempo in crisi. E l’edizione 2024 ha confermato la tendenza. Le bancarelle, la cui doppia fila andava dalle piscine all’oratorio di San Genesio e da lì fino al Nido, da un lato, e quasi a lambire il borgo Filetto dall’altro, sono ridotte a poco più della sola strada che conduce allo storico dancing, abbandonato come le strutture dell’antistante Festa dell’Unità; il luna park è fortemente ridimensionato; gli stand gastronomici quasi estinti; gli spazi fieristici all’interno del castagneto, nei decenni di finali del secolo scorso riempiti da espositori di auto, mezzi agricoli, infissi e, andando ancor più indietro nel tempo, da un importante mercato del bestiame, erano totalmente vuoti, come già negli anni antecedenti la pandemia. Il tentativo degli organizzatori, negli anni precedenti lo stop imposto dal Covid-19, di rianimare quegli spazi con gli stand dello Street Food, fenomeno in quel periodo in espansione, si è rivelato non efficace, probabilmente anche a causa di prezzi al di fuori di ogni ragionevolezza, e non è stato più riproposto. Insomma, una visuale d’insieme e un’atmosfera completamenti diversi da quelli di un filmino amatoriale circolato con successo sui social le scorse settimane, che ritrae in bianco e nero una fiera di fine anni ’60 straripante di visitatori e bancarelle.

Sul declino della fiera di San Genesio non sono mancate negli ultimi anni le polemiche politiche riguardo alle scelte gestionali effettuate dalle amministrazioni che si sono succedute. Così come diversi osservatori imputano un po’ del declino alla concomitanza con Medievalis, una “concorrenza” effettivamente scomoda e che suggerirebbe uno sforzo di coordinamento tra i comuni per la creazione di un calendario condiviso dei maggiori eventi lunigianesi che eviti sovrapposizioni dannose per tutti. Ma oltre questi aspetti, occorre ammettere che alla base della crisi ci sono soprattutto i mutati modelli di consumo. Ancora vent’anni fa il pubblico delle fiere era attratto dai prodotti di nicchia o specialistici che molte bancarelle potevano offrire e che ora sono facilmente acquistabili nell’immensa fiera del commercio elettronico, mentre per l’utensileria e i macchinari ci si rivolge a centri specializzati senza attendere l’appuntamento fieristico. Anche come conseguenza di queste nuove abitudini di acquisto, è innegabile che la qualità di molte categorie merceologiche è scaduta nel corso degli anni. A tutto ciò fa da contorno la generalizzata caduta del potere d’acquisto delle famiglie. I tempi sono cambiati, quindi. Lo testimoniano anche le numerose fiere che nel corso degli ultimi 50 anni si sono estinte, mentre quelle rimaste in vita non mostrano segni di maggiore vitalità, dalla piccola e oramai ridotta ai minimi termini fiera di San Terenziano a Pontremoli, alla più strutturata fiera di San Benedetto ad Aulla o alla fiera di Santa Caterina a Bagnone, a cui vanno aggiunte le fiere di Sant’Andrea e di San Geminiano a Pontremoli, di fatto mercati del sabato ampliati e dislocati in strade diverse. Preso atto che da decenni è pure terminato il traino offerto dalla ricorrenza religiosa a cui ogni fiera era indissolubilmente legata, sta quindi per arrivare il momento in cui su questa tradizione calerà il sipario della storia? Non è detto. Allargando lo sguardo appena fuori dalla Lunigiana si osservano fiere che continuano a godere, in proporzione al contesto in cui sono inserite, di buona salute: è il caso della tre giorni di San Giuseppe a Spezia, vera icona identitaria della città, o quella delle nocciole a Sarzana. La sfida è quella di coniugare la tradizione con nuove idee e di tentare di sapere cogliere le preferenze di un pubblico che ha mutato nel tempo le sue abitudini ma che è ancora attratto dall’incontrarsi all’interno di questi eventi in cerca di un adeguamento ai tempi nuovi che stiamo affrontando e che ancora deve avvenire.
(Davide Tondani)