Lo spirito guerriero della gente di Monzone

Presentato “Testimoni”, il libro di Giovanni Arcangeli su un secolo di vicende e personaggi del paese nella Valle del Lucido

Panorama di Monzone Alto

“Testimoni” è il titolo del libro presentato il 1° maggio alla “Fornace” di Monzone, luogo simbolo, un tempo, del PCI, poi del PD, ora affittato a privati che ne hanno ricavato un elegante punto di ritrovo per ricorrenze e feste.
Alla presenza di un numeroso pubblico gli interventi di Giovanni Arcangeli, che è stato l’artefice della raccolta delle testimonianze, di Andreino Fabiani, del sindaco Gianluigi Giannetti, del vicesindaco Nanni Poleschi, hanno messo in evidenza i pregi di un testo che ha tolto dall’oblio e fa rivivere i tratti più importanti degli ultimi cento anni di vita quotidiana nel paese di Monzone Alto.
Protagonisti principali sono stati quelli della Seconda Guerra Mondiale, che lì ha seminato morte, incendi di case, dolore, paura, distruzioni, inimicizie non facilmente sanabili, l’abbattimento del campanile, in particolare nei giorni dell’eccidio di Vinca dell’agosto 1944.
Ma i racconti delle vicende degli abitanti del paese, personalmente vissute o ascoltate da altri, hanno riportato alla memoria dei più anziani i giorni delle celebrazioni religiose del Santo patrono San Prospero, della festa del 1° maggio, celebrata tra canti, mangiate e bevute, nel castagneto di Turignana, e molto sentita in una popolazione di comunisti e socialisti in perenne scontro col battagliero parroco don Andrea Della Bianchina.
E, poi, il gioco della palla al balzo, in appassionanti gare con le squadre dei paesi vicini, la presenza saltuaria di personaggi divenuti famosi come l’arrotino-ombrellaio Fontana, Lino di Aulla col furgoncino di gelati, il girovago Piè di Posara, la Ladina di Vinca con la giardinetta della frutta e verdura, i seggiolai bergamaschi…
Un mondo scomparso nel giro di pochi decenni, che era carico di umanità, di aiuto reciproco, di amore per il proprio paese. Il libro forse salverà anche molti toponimi, usati per indicare i vari luoghi del paese e dei boschi circostanti, oggi sconosciuti ai giovani, come i soprannomi attribuiti ai componenti delle famiglie.
I giovani crederanno all’esistenza di un mondo simile, il mondo dei loro nonni, che portavano sulla pelle le maglie di lana di pecora, che faticavano nelle cave di quarzite col rischio di prendersi la micidiale silicosi, che dormivano in case che non conoscevano il riscaldamento o l’acqua dell’acquedotto, che emigravano anche in America?
Tutto scomparso, anche il forte senso di appartenenza ad una comunità, che non consentiva a quelli di Monzone Basso di partecipare a “portare la statua di San Prospero” nelle lunghe e faticose processioni della festa del Patrono.
Le caratteristiche del tempo presente prevarranno? È ineluttabile che avvenga, ma a Monzone Alto sono convinti che il loro spirito guerriero non si affievolirà mai.

Andreino Fabiani