La scelta di stare dalla parte giusta: valore fondante della Resistenza

25 aprile Festa della Liberazione.
La Resistenze armata dei partigiani e quella “civile” di tanta parte della popolazione

Parma, sfilata per festeggiare la Liberazione. Alla testa del corteo, nel gruppo con la bandiera, è la partigiana pontremolese Laura Seghettini

La nuova Italia liberata dall’occupazione tedesca e dal regime fascista ha il suo valore fondante nella scelta del sistema politico democratico repubblicano, conquistato e legittimato col contributo della Resistenza attiva dei partigiani per reagire all’eclissi delle istituzioni all’annuncio l’8 settembre 1943 dell’armistizio.
La guerra “patriottica” fu anche guerra civile e sociale per lo storico Claudio Pavone, che valuta la “moralità della Resistenza”, fu germe di libertà maturato a lungo nella coscienza di tanti italiani e italiane, basato certamente sulla civiltà classica, cristiana e umanistica, ma una resistenza morale sempre più diffusa si consolidò anche dovendo sopportare le oppressioni, le angherie e i cerimoniali retorici e plateali del regime.
A scuola era obbligo gridare che la prima virtù era l’obbedienza alle regole dettate dallo stato totalitario,c’era obbligo della tessera del PNF per avere un lavoro (tessera del pane). Ma una disobbedienza critica molti la praticavano per quanto era possibile per cambiare le cose.

Il discorso di Pertini a Milano il 1° maggio 1945 per celebrare la Liberazione

A scuola libro di testo unico per un pensiero unico non impediva di educare ai valori spirituali e morali, costitutivi delle grandi opere dell’arte e del pensiero, ricorrendo ad allusioni, risvolti criptici, ironici che le autorità di controllo a volte potevano non capire, dato il livello culturale piuttosto modesto anche ai vertici.
L’importanza data al liceo classico dalla riforma del fascista Giovanni Gentile favoriva tale prospettiva didattica, un esempio noto sono le lezioni di Augusto Monti al liceo D’Azeglio di Torino che formarono un gruppo di significativi intellettuali torinesi antifascisti.
Vennero poi a consolidare la resistenza antifascista l’errore/orrore delle leggi razziali e l’entrata in guerra dell’Italia notoriamente impreparata.
E siamo allo sfascio quando si autoorganizza la Resistenza armata dei partigiani; insieme ci fu anche la Resistenza “passiva” di chi non poteva salire ai monti, ma scelse la parte giusta dove schierarsi.

Riconosciuti “Resistenti” gli Internati Militari Italiani (IMI)

Due giornate di relazioni di storici di varie Università hanno approfondito il contributo degli Internati militari nei lager nazisti. È stata lunga la strada che ha portato a riconoscerli come resistenti in forme di lotta che li accomuna a partigiani, gruppi difesa della donna, fronte della gioventù, operai in sciopero e difensori degli impianti industriali.
Nel Convegno di Bari hanno parlato di storiografia, memoria, esperienze individuali e collettive dei 650mila soldati catturati che rifiutarono la liberazione in cambio dell’arruolamento nell’esercito della RSI. Il vicepresidente nazionale dell’ANPI ha parlato delle drammatiche condizioni di vita dopo la loro cattura.
Oltre 50mila non tornarono, irreperibili i loro resti mortali, umiliati, consumati dai lavori forzati.
Il contributo alla Resistenza è stato straordinario e originale: il loro rifiuto ridusse il costo in numero di morti: lo riconobbero gli Alleati. Invece la Germania, che non ebbe una resistenza, fu divisa in due Stati in guerra “fredda” e tantissime vittime.
Un contributo che non è stato studiato e valorizzato, i pochi studi fatti sono parziali e anche insufficienti. Il Convegno di Bari ha fatto conoscere diari e carte personali editi dal 1996 ad oggi, a partire dalla pubblicazione del saggio “L’altra Resistenza” di Alessandro Natta; edito in ritardo, è una testimonianza su “sterminio e prigionieri di guerra in Germania nazista” già pronta nel 1954 ma il PCI, il suo partito, ritenne di non pubblicarla “per motivi di opportunità”. (m.l.s.)

 

Il manifesto creto dall’Anpi nazionale per la Festa della Liberazione di quest’anno

Le donne – che piangevano i loro uomini uccisi, imprigionati, mutilati, che non avevano conquistato nessun diritto civile, considerate utili solo come madri di tanti figli, magnifico scopo, ma al fine tragico di avere tanti soldati – furono subito molto attive a dare spontaneo aiuto a sbandati, fuggiaschi, sfollati, creando un clima e un ambiente favorevole ai partigiani (alcune combattenti e staffette, anche sui nostri monti).
Atti di resistenza fecero i macchinisti rallentando i treni per far fuggire i catturati dai nazifascisti. La moralità della Resistenza si manifestò dando aiuto spontaneo a persone sconosciute. Nella tragica situazione, in mezzo ai tedeschi occupanti e ai repubblichini di Salò, unico punto d’appoggio rimaneva la fiducia nel prossimo.
Senza il sostegno della popolazione e dei parroci i partigiani non avrebbero potuto operare e sostentarsi; non tutti furono “santi ed eroi” scrive Beppe Fenoglio, ci furono fedeltà e tradimenti, ma il valore fondante della Resistenza è riconosciuto dagli Alleati alla conferenza di Postdam del 1945: “l’Italia ha liberato se stessa dal fascismo” e De Gasperi alla conferenza di pace di Parigi poté contare su “quell’altra Italia” antifascista per salvarne unità e indipendenza.
La festa del 25 aprile richiama un evento storico complesso e decisivo, al di là allora di ogni retorica celebrativa e strumentale, che nel passare degli anni a volte ha fatto dimenticare che la democrazia vive se i cittadini con libero senso critico sono partecipi alla vita sociale.

Maria Luisa Simoncelli