Con i media dei cattolici un investimento sul pensiero
 


Ha ancora senso che la Chiesa continui a investire nei mezzi di comunicazione sociale? Non sono risorse che potrebbero essere indirizzate altrove, magari verso i poveri? Con i mezzi digitali di cui disponiamo, con l’intelligenza artificiale che sostituirà diverse abilità umane, le nostre Chiese locali – e anche la Cei – devono ancora impegnarsi in questo delicato snodo rappresentato dai mass media?
Per proporre qualche risposta credo sia importante tornare alle origini di questo impegno dei cattolici nella vita sociale del nostro Paese. Eravamo sul finire dell’Ottocento, con i credenti fuori dalla politica attiva. Rimaneva da occupare qualche spazio in ambito sociale. Nacquero le Casse rurali, le cooperative e tantissimi fogli di ispirazione cristiana.
Tutte opere presenti anche oggi, che hanno resistito nei decenni al mutare dei tempi.

Noi siamo figli di quella tradizione che definire gloriosa è riduttivo.
Cosa poteva voler dire arrischiare un giornale all’epoca? Con quali risorse o energie? Per quale pubblico?
Domande ingombranti, allora come oggi. C’erano più o meno risorse? Più o meno lettori? C’era il desiderio di stare nell’agorà, il motore di ciò che mettiamo in pagina tutti i giorni.
Valgono ancora queste motivazioni? Me lo domando in ogni istante, ancora di più da quando a Cesena, Faenza e Ravenna abbiamo deciso di mettere insieme le forze per creare un unico giornale interdiocesano in tre edizioni e con tre redazioni, senza abbandonare le testate storiche.
Se non avessimo questo strumento, ancora cartaceo, quale voce avrebbero le nostre Chiese locali? Quali le priorità messe all’ordine del giorno? Quali gli interessi cui la comunità cristiana pone attenzione?
Ma poi – molti potrebbero obiettare – tutti si informano online, che bisogno c’è del giornale di carta?
Roba da vecchi, di un’altra epoca. Siamo molto presenti anche in rete. Ma ci siamo grazie alla vitalità del giornale di carta che ci permette di arrivare a tutti, anche a chi online non va, in maniera professionale e non volontaristica.
Vogliamo abitare il territorio digitale con il nostro punto di vista. Se oggi vogliamo incarnare e testimoniare la bellezza dell’esperienza cristiana non possiamo non stare, da credenti, nel mondo dei mass media.
Lo avevano capito tanto tempo fa quanti ci hanno preceduto. Può essere cruciale anche in questi anni così convulsi e tumultuosi.
A noi spetta una lettura della realtà alla luce del Vangelo, per portare una parola di speranza a chi si sente perduto.
Per farci compagni di viaggio alla maniera dei discepoli di Emmaus.
Altri scopi non abbiamo, ma a questo non possiamo rinunciare. Ne andrebbe della nostra missione e anche della nostra vocazione.
Raccattare qualche spazio nei media cosiddetti laici o qualche comparsata televisiva, non equivale ad avere strumenti propri gestiti con responsabilità e attenzione alla persona.
Vale per noi, vale per le banche, vale per le cooperative. Era ben chiaro oltre un secolo fa, spero si possa ribadire anche oggi. Le risorse impiegate non sono costi, ma investimenti in una sempre più necessariacarità culturale.
Ad “Avvenire” il compito di continuare ad alimentarla nel dibattito nazionale e ai settimanali cattolici in quello locale.

Francesco Zanotti
Corriere Cesenate / Agenzia SIR