
Il “San Marco” della XMass occupò il Seminario. I militi uccisero civili inermi, insensibili agli appelli del Vescovo Sismondo

Il marzo del 1944 fu un mese terribile per Pontremoli e l’Alta Lunigiana; iniziavano infatti ottant’anni fa le prime di tante settimane di terrore e di fame, di incertezza e di morte. Alcune avvisaglie di come stesse per cambiare la situazione locale si erano avute fin dai giorni seguiti allo annuncio dell’Armistizio, dato la sera dell’8 settembre 1943.
Da un lato l’occupazione nazifascista dell’Italia, dall’altro l’avanzata degli Alleati lungo la Penisola e i relativi bombardamenti preparatori.
Fatti che avevano trasformato il nostro Paese in un territorio dove si combatteva quella guerra che fino ad allora era relegata a fronti lontani, quelli dell’Europa Orientale o dell’Africa settentrionale, dove erano impegnati tanti uomini partiti anche dalla Lunigiana, molti dei quali non fecero ritorno.

Alla fine del settembre 1943 il primo episodio che coinvolse la popolazione locale: due paracadutisti inglesi, lanciati con altri quattro pochi giorni prima, si impadronirono di un’auto tedesca poco a sud della SS. Annunziata uccidendo i due militari. Fermati al posto di blocco tedesco del Passo della Cisa, furono fucilati la mattina del primo ottobre.
Ai nazisti fu evidente che erano stati aiutati dalla popolazione locale (li trovarono in possesso di cibo cucinato da poco…). In breve furono rastrellati una dozzina di civili, quasi tutti abitanti all’Annunziata, e trasferiti al comando tedesco di Ponzano Magra.
La cattura dei militari inglesi e il fatto che tra gli ostaggi ci fosse anche il commissario prefettizio fece sì che fosse evitato il peggio, ma il Comune di Pontremoli fu condannato a pagare una forte somma di denaro: 30mila lire a titolo di sanzione per aver fornito aiuto al nemico!
Il dramma a Pontremoli si presentò cinque mesi dopo con il colore nero della divisa della XMas: attorno al 12 marzo, infatti, dalla Spezia arrivò in città il Battaglione San Marco che prese possesso del Seminario facendo sloggiare sacerdoti, seminaristi e quanti erano in collegio per frequentare i diversi corsi scolastici.
Don Silvano Lecchini ancora pochi anni fa ricordava come lui e gli altri ragazzi dovettero tornare a casa in fretta e furia, lui nella casa paterna ad Arzelato.

La “Decima” iniziò subito la sua triste attività di violenza gratuita. Lunedì 13 marzo un gruppo si diresse verso Casa Corvi e Vignola. “ragazzi, nella maggior parte, fascisti sfegatati, assetati di vendetta – scrive Pier Luigi Rossi nel libro “Giovanni Sismondo Vescovo di Pontremoli” (1979) – erano i risultati della scuola dell’odio che davano i loro drammatici frutti”. Poco fuori il paese di Vignola trovarono i fratelli Renato e Silvio Galli: 23 anni e reduce dalla campagna di Russia il primo, appena quindicenne il secondo. Erano intenti a potare le viti ed estranei alle formazioni partigiane, ma vennero uccisi a colpi di mitra, senza alcun motivo.
Sulla via del ritorno, a Casa Corvi, i fascisti trovarono poi Luigi Ferrari, 44 anni, seduto a riposare su una pietra per un attacco d’asma: anche lui fu ucciso a sangue freddo.
Graziella “Lalla” Tassi, all’epoca giovane studentessa alle scuole “Cabrini” e che di lì a poco sarebbe diventata staffetta partigiana, ha raccontato più volte di aver sentito distintamente dal cortile dell’Istituto le raffiche di mitra sparate a solo un paio di chilometri di distanza.
La notizia si diffuse in fretta.
Il Vescovo Sismondo si recò subito al comando del “San Marco” per chiedere spiegazioni di quei tre omicidi: non è così che si compie il proprio dovere di uomini e di soldati, disse! La risposta fu chiara e tracotante: metteremo la città a ferro e fuoco “compresi i Monsignori”. E che quelli della “Decima” fossero determinati lo dimostrarono poche ore dopo quando imprigionarono, proprio in Seminario, i partigiani catturati al termine dello scontro a fuoco sul Monte Barca, nel bagnonese.
Nove giovanissimi “ribelli” che furono picchiati, interrogati, torturati a lungo, notte e giorno; mons. Sismondo si spese molto in loro favore, chiedendo che la condanna a morte fosse ritirata, ma invano. Otto di loro furono fucilati il 17 marzo, nei pressi della stazione di Valmozzola, per feroce atto di rappresaglia contro altri partigiani, quelli della Banda Betti, che cinque giorni prima, in quel luogo, avevano assaltato un treno e ucciso quattro fascisti. Qualche tempo dopo la XMas se ne andò; ma per Pontremoli e la Lunigiana quel terribile marzo del 1944 sarebbe stato solo l’inizio di un altro lungo e tragico anno fino alla Liberazione.
Paolo Bissoli