L’annunciatore del Vangelo rinuncia alla sua vita perché nasca una vita nuova

Giovedì scorso, in duomo a Pontremoli, la liturgia per il 20° anniversario della scomparsa di don Adriano Filippi

Il vescovo fra’ Mario in visita alla mostra dedicata a don Adriano e allestita nel Vescovado

Gianni Lazzarotti ha introdotto la celebrazione con la quale, giovedì 27 luglio, la diocesi ha voluto fare memoria del suo sacerdote ‘fidei donum’, don Adriano Filippi, nel 20° anniversario della morte in Centrafrica.
Il direttore dell’Ufficio per la Pastorale Missionaria ha tracciato una biografia di don Adriano a partire dalle sue origini mulazzesi, dando, poi, particolare rilievo agli anni della missione. Nel Paese africano, ha ricordato Lazzarotti, don Adriano ha dato vita alla parrocchia di Wantiguera secondo il suo stile, impegnandosi nei settori della evangelizzazione, della scuola, della sanità e dei lavori agricoli.
Il tutto attraverso una collaborazione costruttiva con le suore e con i frati cappuccini. Otto anni intensi, interrotti da una morte inaspettata.

La S. Messa celebrata in Duomo a Pontremoli. Da sinistra: mons. Silvani, mons. Vaccari, don Borserini e don Lucio, fratello di don Adriano Filippi.

Alla S. Messa, presieduta dal vescovo Mario, hanno partecipato mons. Alberto Silvani, il fratello don Lucio e diversi sacerdoti (alcuni amici dal tempo del seminario). Tra i fedeli, rappresentanti delle parrocchie che lo hanno avuto come guida negli anni di sacerdozio svolti in diocesi. La celebrazione è stata animata da una scelta di canti composti da don Adriano.
Mons. Mario Vaccari, all’inizio dell’omelia, ha ringraziato quanti si sono adoperati per la realizzazione delle iniziative messe in campo. Ha poi ripreso un passaggio dell’intervento di Lazzarotti: “Annunciare il Vangelo: non so se è facile o difficile”.
Sulla base di quanto ascoltato nelle letture, ha aggiunto, “si può dire che sono vere entrambe le possibilità. Annunciare il Vangelo di Gesù significa “far conoscere il suo stile di vita, i suoi gesti, le sue parole”.
Giovanni dice: “Dio nessuno l’ha mai visto; Gesù, che si è fatto uomo, ce lo ha rivelato” come Dio d’amore e di misericordia, privilegiando lo stare accanto ai poveri. Annunciare il Vangelo, però, “significa anche incontrare il rifiuto degli uomini, il loro cuore indurito”: tra i tanti terreni su cui cade la Parola, solo uno produce frutto. Ezechiele dice che dobbiamo chiedere un cuore di carne, che sappia accogliere con docilità questa Parola.
Ecco, allora, che l’annuncio del Vangelo è facile perché ripetiamo le parole di Gesù, i suoi gesti, ma è anche difficile perché tocca i cuori nell’intimo e spesso c’è il rifiuto. L’annuncio del Vangelo ha momenti di fecondità ma anche altri di aridità e fatica. L’annunciatore del Vangelo rinuncia alla sua vita e viene seminato nel solco delle persone a cui è mandato perché nasca una vita nuova.
“Attraverso l’esempio di don Adriano, ha concluso, credo che tutti siamo confortati nel dirci: ‘Anche noi, come lo è stato lui, possiamo diventare annunciatori del Vangelo, nella semplicità, nella gioia, ma anche nella sofferenza e nel dolore che questo comporta’. Sofferenza e dolore che Gesù sa ripagare con una vita eterna, una gioia sovrabbondante”.
Dopo la messa, in Vescovado, l’apertura della mostra che ripercorre i momenti già ricordati della vita di don Adriano, attraverso tante fotografie, disegni e copie delle lettere da lui prodotte. A corredo, due opuscoli riportanti il materiale della mostra e molte delle canzoni da lui composte in diversi contesti nel corso degli anni.

Antonio Ricci