Ad Aulla l’archeologo Enrico Giannichedda ne ha ripercorso le vicende
Tre serate di notevole interesse quelle proposte ad Aulla dall’edizione 2023 delle “Notti dell’Archeologia”. Anche quest’anno! Di quella eclatante che ha visto la consegna al Museo dell’Abbazia del capitello medievale trovata nel greto del fiume Magra parleremo in altra occasione, ma qui è bene sottolineare la curiosità suscitata dall’argomento illustrato nella sera di martedì 4 luglio da Enrico Giannichedda.
Dopo l’inaugurale conferenza-fiume del prof. Franco Cardini, l’archeologo dell’ISCUM ha proposto una serata non comune, con un argomento del tutto inatteso: la complessa vicenda del tesoro di epoca preistorica di Dorak riletto da Giannichedda (protagonista di tanti scavi in Lunigiana e ad Aulla in particolare) che ne ha scritto in un romanzo storico, anzi una “archeo inchiesta”, come è specificato nel titolo del libro (Edipuglia, Bari 2023). Una storia quella del Tesoro di Dorak che, come scrive l’autore, “è priva di un finale certo perché non ancora giunta a conclusione”, ma che il pubblico che ha gremito il cortile di San Caprasio ha ascoltato con grande partecipazione.
Poteva essere una delle scoperte più importanti nella storia dell’archeologia ma di quei reperti che sarebbero venuti alla luce nel nord della Turchia sembra non esserci traccia.
Eppure gli indizi della loro esistenza sono molti. Giannichedda ne ha seguito le tracce che portano anche in Italia
Dorak è una località nel nord della Turchia dove – ma il condizionale è davvero d’obbligo – sarebbe venuto alla luce uno straordinario tesoro. Che però nessuno ha mai visto. Nessuno a parte James Mellaart (1925-2012), l’archeologo inglese protagonista della storia almeno quanto il mitico tesoro. Nel romanzo c’è anche una femme fatale, quella Anna Papastrati che il protagonista racconta di aver incontrato per caso su un caldo e affollato treno per Smirne negli anni Cinquanta del Noveceno.
Di quella giovane e bella donna lo colpì il braccialetto d’oro massiccio al polso. antico, “come gli ori di Troia”. Nel racconto di Mellaart la donna risponde alla domanda sulla provenienza dell’oggetto e arriva ad invitarlo nella sua casa di Smirne per mostrargli i molti altri simili che conserva.
Sarebbe questo “il tesoro reale di Dorak” che l’archeologo non fotografa (avrebbe detto di non aver avuto con sé la macchina fotografica…) bensì disegna, minuziosamente, pezzo per pezzo, in giorni di intenso lavoro.
Quei disegni sono l’unica prova della esistenza del mito. In parte vengono pubblicati nel 1959 sul popolarissimo “The Illustrated London News” e la notizia provoca un vero e proprio terremoto. Ma del tesoro non c’è traccia: nessuno può vederlo.Eppure per lungo tempo quello non sembra essere un problema: Mellaart è il nuovo Schliemann, la sua popolarità è planetaria.
Solo una decina di anni dopo qualcuno inizia a chiedere dove sia quel tesoro! La campagna giornalistica diventa ben presto una vera e propria inchiesta condotta dal Governo turco che si conclude con una amnistia per i reati penali ma con un pesante divieto a Mellaart: non potrà più tornare nel Paese.
In patria la stella di Mellart continua tuttavia a brillare: ottiene una cattedra universitaria a Londra e tiene conferenze; in una di questa annuncia addirittura una imminente campagna di scavo in Turchia.
Sono due giornalisti, decisi a saperne di più, a condurre un’inchiesta e a scoprire del divieto che impedisce a Mellaart di poter condurre lo scavo. Cercano allora di ricostruire ogni aspetto della vicenda e arrivano alla conclusione che dietro al tesoro ci sia un vero e proprio intrigo internazionale.
Un intrigo che si svolge nel libro di Giannichedda e che coinvolge anche l’Italia. Perché in tempi più recenti, nel 1999, un giornalista di Repubblica, Stefano Malatesta, intervista in Sicilia il discusso commerciante d’arte Giovanni Franco Becchina, quello stesso che negli ultimi mesi è stato avvicinato alla figura del boss Matteo Messina Denaro.
Ne scaturisce un’indagine dei Carabinieri che in Svizzera recuperano tonnellate di reperti, ma tra questi non c’è nulla che si possa ricondurre al tesoro di Dorak. Dunque il tesoro esiste oppure è stata un’abile invenzione di Mellart? A giudizio di Becchina esiste, almeno per quel che riguarda i pezzi migliori.
L’inchiesta giornalistica di Malatesta ai più passa inosservata ma non ad Enrico Giannichedda che studia e approfondisce una vicenda che potrebbe essere il soggetto di un film. E avrebbe dovuto esserlo se all’ultimo momento il produttore che aveva manifestato interesse non si fosse tirato indietro.
Ad oggi i reperti di Dorak restano avvolti nel mito, ma il contributo del libro presentato ad Aulla è importante e alcune novità potrebbero venire alla luce nel prossimo futuro.
Chissà se e quando potremo ammirare in un qualche museo del mondo alcuni di quei preziosi oggetti antichi di migliaia di anni. A meno che non siano già stati sotto i nostri occhi, all’interno di qualche vetrina o nel percorso di una mostra, senza che noi lo sapessimo.
Paolo Bissoli