La scienza procede nel suo cammino verso conoscenze sempre nuove senza tener conto di pregiudizi né di problemi relativi all’etica. Tra le scienze c’è anche l’economia che, circa due secoli fa, grazie allo studioso Jean Baptiste Saj evidenziava i tre fattori della produzione: la Terra, il Lavoro ed il Capitale.
Dopo la rivoluzione industriale e con l’affinamento della terminologia economica, il primo fattore è stato più correttamente denominato “Risorse naturali” e si sono aggiunti la “Capacità Organizzativa” e lo “Stato” con le infrastrutture, i condizionamenti e le facilitazioni.
Il Capitale è in grado di acquistare sia Risorse Naturali che Lavoro, può darsi una efficiente organizzazione e si confronta alla pari con lo Stato.
Questo si verifica nella maggior parte delle democrazie moderne. Mettere al centro il capitale è un buon modo per aumentare la produttività, allargare il numero di persone che possono accedere al benessere, ma ha alcune contropartite: aumenta le differenze che, nel medio-lungo periodo, sono fonte di fermenti sociali, non guarda alle conseguenze generali della produzione quali il clima e l’ambiente.
Il male maggiore, però, viene dalla percezione che l’uomo (colui che lavora) valga meno della produzione (quella che genera ricchezza).
Di questi aspetti erano consapevoli molti tra i padri costituenti e, in occasione della festa del 2 giugno, pare doveroso sottolineare l’importanza della prima parte dell’articolo 1 della Costituzione: “L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro”.
C’è chi sostiene che sia inappropriato fondare una repubblica su di un semplice fattore di produzione: il lavoro. È evidente che gli estensori della Costituzione intendevano conferire alla operosità umana una dignità superiore a quella del reddito.
Questo, però, non basta perché il rapporto di forze tra un solo lavoratore ed il suo datore di lavoro rende totalmente inutile il pur importante riconoscimento.
Per questo la Costituzione, con l’articolo 39, riconosce ai lavoratori il diritto di organizzarsi nel sindacato, in modo da divenire controparte capace di indicare e lottare per i diritti e gli interessi della categoria. Per poter effettivamente tutelare tali diritti ed interessi i costituenti hanno riconosciuto ai lavoratori il diritto di sciopero.
In questo modo la politica ha potuto inserire l’etica nella economia e questo ha permesso ai lavoratori di raggiungere significativi traguardi; tra questi l’importante statuto dei lavoratori.
Se gli articoli 1, 39 e 40 della Costituzione fossero interamente attuati, al lavoro sarebbe riconosciuta la massima dignità tra i fattori di produzione.
Pertanto nell’economia della intera nazione sarebbe più importante la piena occupazione per il lavoratore rispetto alla possibilità di trovare mano d’opera a basso costo da parte del produttore.
Vi sono ostacoli ad accogliere tale ragionamento nel mercato interno, figuriamoci in quello internazionale. Eppure, la via indicata dalla Costituzione è quella che ci permetterebbe di vivere in una società più giusta: seguirla sarebbe il migliore omaggio alla Festa della Repubblica.
Pierangelo Sordi