Da Massa a Modena. Votata ai primi posti nella classifica nazionale dei Luoghi del Cuore del FAI
Il FAI promuove ogni anno la segnalazione di luoghi amati e da valorizzare: fra i dieci “luoghi del cuore” scelti col voto per la Toscana c’è solo la via Vandelli che è degradata; fu voluta per congiungere Massa e Modena attraversando la barriera appenninica e parti delle Alpi Apuane. A tratti è ancora agibile, l’abbiamo fatta anche noi del C.A.I. di Pontremoli fino a quota 1634 metri del valico di monte Tambura.
Fu costruita nel XVIII secolo tra il 1738 e il 1751, fu una strada ducale voluta dalla politica di riforme e di promozione culturale della duchessa di Massa Maria Teresa Cybo Malaspina (1725 – 1791), illuminata a promuovere cultura e arte. Sposò a sedici anni Ercole Rinaldo d’Este, erede al trono del ducato di Modena, esteso entro la superficie delle attuali province di Modena, Reggio, Garfagnana e con questo matrimonio venne a comprendere la zona di costa di Massa e Carrara.
Maria Teresa andò a vivere alla corte del suocero Federico III, che la stimò molto; anch’egli era interessato ad aprire uno sbocco al mare per esigenze di continuità politiche, strategiche e tattiche oltre che commerciali, all’interno dei propri confini. Alla morte di Francesco III d’Este, nel 1780, Maria Teresa non condivideva più la linea politica del marito e dei suoi cortigiani, andò a vivere a Reggio Emilia separata dal marito fino alla morte avvenuta nel 1791.
Domenico Vandelli progettista e costruttore
L’autore di questa prima strada carrozzabile attrezzata e inerpicata su ripidi fianchi di montagna è l’ing. Domenico Vandelli (1691-1754), di nobile famiglia modenese, fece studi umanistici e scientifici e carriera ecclesiastica diventando abate dai Gesuiti, insegnò all’Università ingegneria e matematica, si occupò di architettura militare, teologia, scienze naturali, idraulica, archeologia; un suo maestro importante fu lo storico ed erudito Ludovico Antonio Muratori.
Molte le sue pubblicazioni in cui rivela un sapere enciclopedico convergente con la cultura del suo tempo. Arricchì le sue conoscenze anche viaggiando in Europa confrontandosi con molti studiosi. Ebbe la fortuna di essere accolto a Modena in una corte fra le più aperte alle nuove idee e alle riforme, in particolare da parte di Maria Teresa.
Sulla politica della duchessa, fondatrice anche dell’Ospedale fuori città a Massa e nel 1769 dell’Accademia di Belle Arti a Carrara, segnaliamo un ricco studio, in Annuario Biblioteca Civica di Massa 1982-83, della dottoressa Giovanna Tanti pontremolese e il volume “Massa ducale” di Franco Bonatti noto studioso e per qualche anno docente all’Istituto “A. Malaspina”.
Tra le opere promosse di valore scientifico ardita fu la sfida tecnica della via Vandelli, che prende nome dall’ing. che la ideò e costruì. Fu necessario superare aspre e impervie zone montuose allestendo nuove metodiche di cartografia con supporto matematico di riferimenti all’altitudine: sono le “isoipsae Vandellis”, le linee tracciate collegando punti di uguale livello sul mare.
Prima di costruire la strada l’ing. Vandelli pubblicò una mappa molto dettagliata per studiare il percorso, stendere una rete di triangolazioni e fissare osservazioni e misure importanti. Opera di audace ingegneria civile, è una massicciata in pietre a secco, nel tempo si sono stabilizzate e hanno superato infiltrazioni delle acque meteoriche e spaccature delle scosse sismiche.
Grazie a queste tecniche molti tratti della strada sono ancora percorribili, specialmente quelli più a monte perché rimasti inalterati, altri invece sono andati distrutti da attività estrattiva o asfaltati o invasi da coltivazione nei tratti in piano.
La via ha importanza storica e paesaggistica, offre panorama di montagna e di mare, si presta ad attività di trekking, mounntain bike, escursioni ippiche e perfino con i fuoristrada. Per tutte queste attrattive e caratteristiche sono molte le guide e i contributi dati alle stampe.
Il Comune di Massa ha di recente fatto un restauro notevole e il Parco naturale regionale delle Alpi Apuane ha restituito l’antico splendore al tratto più pericoloso e difficile del tracciato che sale da Resceto al passo Tambura.
Nei percorsi più ripidi furono costruiti spallaggi e murate di sassi messi a secco, un lavoro che richiese l’impiego di operai specializzati venuti dal Piemonte. Lungo la roccia furono scavate delle nicchie per riparo e per posarvi Crocefissi e immagini “in maestà” della Madonna da invocare nelle emergenze climatiche: in inverno la via era di fatto impraticabile.
L’ing. Domenico Vandelli partì da Modena con il progetto del 1739, ma nel 1751 un altro tracciato iniziava da Sassuolo, i due rami si ricongiungono e arrivano a Pavullo sul torrente Frignano; la via sale costeggiando il luogo ameno del castello dei Montecuccoli, dove nacque il celebrato generale Raimondo (1609-1680) vincitore per gli Asburgo nella guerra dei trent’anni e contro i turchi e gli olandesi.
La strada tra valli ed edifici storici arriva al crinale di S. Pellegrino in Alpe. In sommità della valle che scende verso il Serchio le mappe rivelano che partivano due percorsi, uno per l’inverno meno esposto ai venti e alla neve e l’altro per l’estate. Conclusa nel 1751, in seguito furono messe stazioni di manutenzione, di sosta, cambio e abbeveraggio dei cavalli, guardiole per controllo e riscossione dei pedaggi.
Maria Luisa Simoncelli