Con la crisi della pandemia è aumentata la disuguaglianza  tra i più ricchi ed i più poveri

Nel rapporto Oxfam 2023 le caratteristiche negative di un sistema economico ingiusto

Foto: Rapporto Oxfam 2023

Più la crisi morde e manda in difficoltà un sempre maggior numero di persone e di famiglie in ogni parte del mondo e più si ha notizia di rapporti che mettono in evidenza lo strabiliante aumento delle differenze economiche tra i Paesi ricchi e quelli poveri, tra le persone ricche e quelle povere. L’ultimo in ordine di tempo è il rapporto Oxfam (Oxford Committee for Famine Relief: organizzazione no-profit per l’aiuto alle vittime della carestia) pubblicato a ridosso dell’inizio del World Economic Forum di Davos (dal 16 al 20 gennaio) in Svizzera.
Quelle contenute nel rapporto sono considerazioni che abbiamo già registrato nel passato e possono essere riassunte in questo modo: il già forte divario economico tra la fascia di popolazione più povera e quella più ricca è in costante crescita. Da qui il titolo del rapporto: “La disuguaglianza non conosce crisi”; se non, aggiungiamo noi ironicamente, quella del suo calo.
A conferma di ciò, la ricerca ci dice che per la prima volta da ben 25 anni, è aumentato il distacco tra estrema ricchezza ed estrema povertà. Nel tempo della pandemia, mentre il mondo era alle prese con situazioni drammatiche, l’1% più ricco della popolazione ha trovato il modo di far crescere il valore dei propri patrimoni di 26.000 miliardi di dollari, arrivando a detenere il 63% dell’incremento complessivo della ricchezza netta globale, quasi il doppio del 37% nelle disponibilità del 99% della popolazione più povera. Da una parte, quindi, circa 820 milioni di persone che soffrono la fame, mentre dall’altra c’è uno sparuto di Paperoni che non sanno più dove sistemare gli aumenti delle loro ricchezze.
Per fortuna, lo diciamo sempre per fare ironia, in gran parte si tratta di ricchezze immateriali, che possono stare tranquillamente nei server delle società finanziarie internazionali. La Banca Mondiale, assegna a tutto questo il record relativo al più grande aumento di disuguaglianza e povertà globale registrato dal secondo dopoguerra. Un po’ diversa, ma non più di tanto, almeno nelle sue tendenze generali, la situazione in Italia: a fine 2021, il 5% dei più ricchi, deteneva una ricchezza superiore a quella detenuta dall’80% dei più poveri.
Nel frattempo, si registra che il totale delle famiglie italiane in condizione di povertà assoluta ha raggiunto i 2 milioni. Ecco, quindi, che si può registrare il fatto che le disuguaglianze estreme vanno a braccetto con le ricchezze estreme: crescono i patrimoni dei ricchi, calano le risorse dei poveri e i due estremi si allontanano sempre di più. Così sintetizza il fenomeno l’incipit del rapporto: “Le molteplici crisi che il mondo sta vivendo, la pandemia prima, la crisi dell’energia, le pressioni inflazionistiche e i venti di una nuova recessione ora, si sono innestati su divari socio-economici strutturali, di lungo corso, e li hanno ulteriormente esacerbati in un’esplosione di disuguaglianza”.
I due problemi che bloccano la crescita economica della maggioranza della popolazione sono la disoccupazione e l’inflazione, che in molti Paesi supera l’incremento medio dei salari. A questi ostacoli si affianca quello rappresentato dai tagli alla spesa pubblica decisi da molti Paesi; provvedimenti che non solo danneggerebbero i più poveri, ma rischiano di metterebbe l’intero sistema globale fuori gioco. A farla da padroni sono i settori energetico e agro-alimentare: gli utenti finali pagano bollette e cibi sempre più cari e le imprese di settore registrano profitti sempre più elevati. E tutto ciò avveniva anche quando il mondo era messo in ginocchio dalla pandemia.
Così come oggi accade a causa dell’assurda guerra lanciata da Putin contro Kiev continuano la loro assurda guerra. Questo anche perché le 95 grandi aziende internazionali di quei settori prese in esame da Oxfam hanno distribuito ben 257 dei 306 miliardi di dollari di guadagni extra agli azionisti, invece di investirli sull’impresa o sui lavoratori. In concreto, poco più della metà dei 42.000 miliardi prodotti durante la pandemia sono andati all’1% più ricco della popolazione. Non si tratta, però, soltanto di soldi: quando si parla dei guadagni realizzati dalle case farmaceutiche, che hanno tenuto ben stretti i loro monopoli, impedendo ai Paesi più poveri l’accesso ai vaccini per motivi economici, si parla di milioni di persone morte perché impossibilitate ad accedere ai vaccini a causa dell’accaparramento effettuato dai Paesi più ricchi. I numeri potrebbero continuare ma la sostanza rimarrebbe sempre la stessa.
Si tratta, allora, di una situazione senza via d’uscita? No, se ognuno accettasse di fare la sua parte. La rotta potrebbe invertirsi cominciando da un sistema di tassazione più equa. Se infatti il 5% dei patrimoni più grandi venisse tassato, nella misura del 5%, si potrebbero ricavare i 1.700 miliardi di dollari necessari per combattere la povertà più estrema in tutto il mondo entro la data del 2030 fissata dall’Agenda delle Nazioni Unite. A questo potrebbe unirsi la sospensione sul debito per i Paesi a basso e medio reddito, oltre che il piano di devolvere almeno lo 0.70% in aiuto pubblico, ai Paesi più poveri.