Il “mestiere” dello scrivere per il mercato di oggi

Il libro è merce che si può produrre anche senza il favore delle Muse ispiratrici dei grandi narratori ?

Esiste l’industria di produzione del libro come merce, un bene di consumo come altri. La giovane Giulia Besa, romana che ha scelto il “buon ritiro” a Succisa, terra della madre, ne ha esposto in modo persuasivo le tecniche in una lezione all’Università delle Tre Età, sezione di Pontremoli. Indiscutibile è la differenza di valore della letteratura opera d’arte che esprime una originale visione della vita maturata dallo scrittore geniale all’interno di sé, “ispirata” dalla “musa” e donata al lettore per arricchirlo di pensieri e di emozioni ed essere elemento di civiltà. A questa letteratura creativa, nutrita di fantasia e di sentimenti che accompagna la storia umana si è affiancata una narrazione detta “d’appendice”, che Antonio Gramsci come altri riconosce “elemento attuale di cultura e vivamente sentita”. Il primo a scrivere che la letteratura è merce, è prodotto che si crea il proprio consumatore fu Marx.
Giulia Besa ha detto senza riserve che scrive per “campare”, ha belle attitudini stilistiche e intelligenza compositiva, produce romanzi e racconti venduti a contratto di qualificati editori, attenti alle dinamiche del mercato. La letteratura di massa produce una narrazione senza porsi obiettivi pedagogici o ideologici, così fa Giulia: non giudica, vuole che giudichi il lettore. Non descrive ma racconta, si affida tutta ai fatti, mette sul mercato il libro come intrattenimento, come momento ludico alla pari dello svago dato da un film o altro, costruisce narrazioni capaci di capire l’emergere di fatti e comportamenti nuovi.
Giulia sta stendendo un romanzo con protagonista un’adolescente cosiddetta “eremita metropolitana”: sempre chiusa nella sua camera evita i contatti coi genitori, rifiuta la scuola e qualsiasi iniziativa sociale, gioca ed armeggia col computer, sta sola nella città diventata il suo deserto, dove scomparire per sottrarsi al senso di vergogna per molestie subite o per non possedere quegli ideali di bellezza, ricchezza, potere, fascino, notorietà e successo che pervadono individui che contemplano la propria immagine come il mitico Narciso. Tutti proviamo il bisogno di esprimerci, ma scrivere è difficile, gran bella cosa saperlo fare, è un dono della fortuna o impulso avvertito già nella prima giovinezza.
Esistono scuole di scrittura come apprendistato per assecondare l’attitudine a narrare, ma è meglio lavorare in proprio sulla materia e sul linguaggio da addestrare e adeguare all’uso corrente nei vari livelli di narrativa in prosa, che si presenta sotto forma di racconto, novella, leggenda, fiaba; più comune è la forma romanzo a trama ampia e complessa e con molti personaggi e con ulteriore carattere di romanzo storico, realistico, psicologico, d’avventura, poliziesco, fantascientifico e altro ancora. La narrazione tocca un universo di argomenti, ma devono avere connessione logica, fra loro coordinati; un esempio: se dico “buono” non significa niente, ma se associo “panettone” ho fatto comunicazione. Lo scrittore riesce a sollecitare nel lettore le funzioni specifiche delle parti del cervello umano, la macchina più complessa dell’universo, sede delle attività logiche, razionali e generatore di impulsi, sensazioni, emozioni. S
crivere per i giovani richiede speciali attenzioni e competenze: bene le analizza la guida storica e critica “Letteratura di massa Letteratura di consumo” a cura di Giuseppe Petronio, fiducioso che “all’interno della massa l’individuo non si lascia massificare”: bellissima prospettiva specialmente per i giovani al tempo dei “social”.

Maria Luisa Simoncelli