Dicembre 1942, l’ultimo Natale. Sul fronte russo

La lettera inedita di Adolfo Musetti inviata ottant’anni fa a Grondola, dove era nato 22 anni prima. Sarebbe morto poche settimane dopo in un campo di prigionia.

Gli “archivi familiari” continuano a restituire testimonianze inedite di un passato che può sembrare lontano, ma che invece è ancora vivo nella memoria e negli affetti di tanti. Eventi ancora in grado di suscitare emozioni così forti da uscire dal ristretto universo familiare per essere condivise. A maggior ragione se queste tracce ci riportano su un fronte di guerra, in quelle stesse vaste pianure dove, da quasi un anno ormai, si combatte di nuovo, tra sofferenza e morte.
Sono parole struggenti quelle contenute nella lettera che Adolfo Musetti, classe 1920 alpino della Cuneense, 2° reggimento, aveva spedito a Grondola, a quei familiari che da lunghi mesi vivevano con trepidazione la lontananza di quel figlio che dopo il fronte francese e quello greco era partito per la Russia con l’Armata Italiana per partecipare, suo malgrado, al folle progetto di invasione.

Adolfo Musetti, di Grondola. Alpino della “Cuneense” classe 1920

P.[osta] m.[ilitare] 203 li 24-12-42-XXI
Carissima mamma e babbo, eccomi in risposta alla vostra ricevuta ieri sera. La quale l’avete scritta il sette c.m. Mi fa piacere nel leggere le vostre buone notizie specialmente di buona salute. Al presente vi posso assicurare ne seggue il simile di me. Penso alla bella festa che tra poco stà per presentarsi “il S. Natale!”.
Sebbene lontano da voi tutti, con la vista, però vi sono vicino col cuore; voglio passare questa bellissima festa se non con altro col pensiero, con la preghiera, a cui il Signore vi faccia la grazzia a voi genitori di trascorrerne altre tanti o più come n’avete già passati di S. Natali e vicino a voi di poterci ritornare a trascorrerceli anch’io, alla fine di questa guerra.
Con questo sono già tre che ne faccio sotto alla naia di Natali, due di questi per di più in guerra, speriamo sarà l’ultimo che passerò sotto alle armi. Se quei cretini di russi non verranno ad attaccarci come solito a fare: si spera di poter udire la S. Messa di mezza notte e quella delle 11 del giorno venti cinque, celebrate dal nostro r. capellano. Il tedeum che anni indietro al nostro paese era accompagnato dall’armonia di colpi di petardi, quest’anno in questo luogo ove mi trovo penso sarà accompagnato dal tuono dei cannoni nostri, russi e dal cripitio della mitraglia.
Leggo che avete di già pestate le castagne, mi fa piacere nel sentire che ne avete una buona annata più che l’anno scorso. Ora che siete intorno a lavorare? Penso che anche lì vi saranno venute le prime nevicate e vi goderete quei bei focolari tutti raccolti asieme in famiglia in attesa che scompaia la neve per andare in Pangona a vangare per mettere le cipolle e i piselli.
Che bello sarebbe se anch’io potessi essere con voi tutti a scambiare un’amorevole parola, discorso dei nostri interessi e nel mentre pelarsi una testata di mondine e bere un fiasco di quello della Piana di Pangona. Rimandiamolo a quest’altr’anno tutto ciò, con piena fiduccia sia realtà non illusioni. Qualche fiasco lasciatemelo lo stesso, mi sembra e sono convinto se Dio mi aiuta del 1943 d’essere con voi tutti, allora potremo con soddisfazione berlo.
A nome mio ringrazziate mia sorella Teresina del suo semplice scritto a cui ha aggiunto alla vostra lettera mamma. Non posso contracambiargli risposta essendo sprovvisto di posto su di codesto foglio e d’altra carta. Tutte le volte che mi scrivete mandatemi come questa volta foglio e busta. Non pensate male di me. Una pagnotta ce l’ho ancora per domani. Il sussidio mensile hanno ricominciato a ridarvelo?
Tralascio questo scritto inviandovi i miei più affettuosi saluti e baci a voi mamma, babbo, Primo, Renzo, Teresina, Piero, Maria, Gina, Liliana, zia, Mariuccia- Nito, Roseta, mia Maria, famiglie Cardinali.

Per sempre vostro figlio,
Adolfo Musetti

È la Vigilia. Mancano ormai poche ore alla festa più grande: ma Adolfo è al fronte e per lui sarà il secondo Natale in guerra. Ha tra le mani la lettera che i genitori gli hanno spedito il 7 dicembre: con quel foglio scritto nella casa di Grondola ce n’è anche uno bianco con una busta per la risposta perché i nostri militari spesso non avevano neppure la carta per scrivere alla famiglia. Una piccola consolazione, si dirà, eppure così grande a migliaia di chilometri di distanza e quando ogni giorno è buono per morire.
Sono righe che non hanno bisogno di commento e che vi proponiamo così come emergono da quel foglio conservato con cura per ottant’anni: tanti, infatti, ne sono passati da quel Natale. I primi, subito dopo la fine della guerra, vissuti nella speranza che prima o poi Adolfo tornasse. E ogni volta che qualcuno, anche mesi, si ripresentava a casa ecco riaccendersi la speranza: “Perché se è tornato lui…” hanno ripetuto a lungo migliaia di genitori.
Adolfo Musetti non è tornato: nei registri del Commissariato Generale per le Onoranze ai Caduti risulta morto in prigionia il 3 marzo 1943, probabilmente catturato nei giorni dello sfondamento del fronte sul Don che esaltarono l’offensiva sovietica e segnarono l’inizio della ritirata delle truppe tedesche e italiane.
Un puntino nero tra altre decine di migliaia: la vita di Adolofo è finita nel campo n. 62 a Nekrilovo, nella regione di Voronesc, 200 chilometri circa a nord est di Rossoš’, dove era uno dei quartieri generali dell’Armir. Un campo di prigionia dove è stata certificata la morte di almeno 1.509 militari italiani, tra ufficiali e soldati di truppa, fatti prigioneri nei terribili giorni tra la fine del dicembre 1942 e la metà del gennaio seguente.

Paolo Bissoli