Rudolf Jacobs e gli altri: i buoni tedeschi

La vicenda di Rudolf Jacobs, il capitano della marina tedesca in servizio nel territorio costiero tra La Spezia e le Apuane, è nota. Alla fine dell’estate 1944 disertò, portando alle estreme conseguenze quel processo di presa di distanza dalla guerra, dalla politica e dalla violenza senza limiti della Germania di Hitler. Il suo passaggio tra le formazioni partigiane non fu né semplice né indolore, ma Jacobs non ebbe dubbi e con determinazione convinse tutti che voleva combattere contro quell’esercito invasore e di occupazione al servizio di un dittatore che aveva portato – ormai era chiaro a tutti – il suo paese e tutto il popolo tedesco alla rovina.
L’ufficiale tedesco sarebbe morto poche settimane dopo, all’inizio di novembre, mentre guidava la missione di partigiani contro una caserma delle Brigate Nere a Sarzana. La sua scelta e il suo contributo alla Resistenza e alla lotta di Liberazione non è stato dimenticato, pur riemergendo solo di tanto in tanto. Dal 1953 lo ricorda una lapide artistica posta nel centro storico di Sarzana e voluta dall’Amministrazione Comunale guidata da quel Paolino Ranieri, straordinaria guida dei partigiani, prima nel parmense, poi in Val di Magra.
Nel 2004 Luigi Monardo Faccini, scrittore e regista, pubblicò “L’uomo che nacque morendo”, fino ad ora l’unico libro monografico sulla figura di Jacobs. Di recente è stato il giovane storico piemontese Carlo Greppi ad aver dato alle stampe “Il buon tedesco” (Laterza 2021, 18 euro), libro presentato nei mesi scorsi nella bassa Val di Magra e che giovedì 13 ottobre è stato oggetto di un suggestivo incontro a Carrara nel “Palco 38”, lo spazio creato da Blanca Teatro in uno degli ex capannoni industriali della città del marmo. L’iniziativa, promossa e organizzata dall’associazione “Archivi della Resistenza” con l’Istituto Storico della Resistenza e il gruppo teatrale, ha visto la partecipazione dell’autore che nel pomeriggio, sempre a Carrara – in presenza ed in collegamento streaming – aveva tenuto anche un partecipato corso di aggiornamento per insegnanti.
Il libro di Carlo Greppi è di quelli destinati a restare un punto di riferimento nella bibliografia della seconda guerra mondiale e della Resistenza, italiana e non solo, patrimonio di un pensiero che rifiuta i conflitti in nome di quell’umanità che si è manifestata in Jacobs e negli altri come lui. Perché il libro non si occupa “solo” dell’ex ufficiale della marina germanica, ma allarga lo sguardo sulle migliaia di altri militari, spesso sconosciuti o dimenticati, che in quella seconda parte della guerra decisero di “passare dall’altra parte”. E allora il termine “disertore” assume caratteristiche e significati diversi: chi diserta non lo fa per egoismo, non per la salvezza della propria vita, ma soprattutto per altro, per continuare a combattere con un atto di ribellione.
Una lotta “contro”, certo, ma anche “per”: per abbreviare la durata di un conflitto; per la salvezza del maggior numero possibile di vite umane; per il raggiungimento della pace e – perché no… – per cercare di riabilitare il proprio Paese. La scelta di Rudolf Jacobs, buon soldato e buon tedesco, non fu dunque una scelta isolata; nel libro l’autore ci conduce anche alla ricerca di quel misterioso attendente che seguì il suo capitano tra le fila dei partigiani: un vero e proprio giallo che si svela solo nelle ultime pagine.
Ma quello che emerge con forza è il lungo, certosino e fertile lavoro di ricerca con il quale Greppi ha il grande merito di spalancare di fronte a noi un mondo popolato da migliaia di “disertori” tedeschi e austriaci, troppo spesso perseguitati in quei mesi finali di guerra e la cui memoria è stata in seguito rimossa. Storie anche molto diverse tra loro, ma tutte meritevoli di essere considerate all’interno di quel grande caleidoscopio che è stata la Resistenza al nazifascismo.

Paolo Bissoli