“Mussolini il capobanda”: Aldo Cazzullo contro i luoghi comuni

Con uno stile giornalistico diretto ed immediato, il vicedirettore del Corriere della Sera, Aldo Cazzullo, nel suo libro “Mussolini il capobanda” cerca di smontare alcuni pericolosi luoghi comuni che circolano in merito al fascismo e che rischiano di creare degli imprudenti falsi storici. A partire dal fatto che sia esistito un fascismo “buono” o quantomeno accettabile con il falso mito che Mussolini, come scrive lo stesso Cazzullo nella sua introduzione “fino al ’38 le aveva azzeccate quasi tutte; peccato l’alleanza con Hitler, le leggi razziali, la guerra”.
In realtà le colpe del fascismo e del suo capo sono innegabili, sin dalle prime fasi: mandante dei primi delitti, a dispetto del luogo comune che “non si sarebbe mai macchiato di sangue” sin dalla nascita dei Fasci nel 1919 è il vero organizzatore della logistica e del reperimento delle armi. Sono moltissimi i fatti di violenza prima della Marcia su Roma: tra questi l’assalto della sede dell’Avanti a Milano o l’impedimento della composizione dell’amministrazione a maggioranza socialista a Bologna. Eventi con feriti, morti, disordini. Senza dimenticare le violenze, le angherie e le umiliazioni a colpi di olio di ricino. Mussolini prende quindi il potere con la violenza, a prezzo di centinaia di vittime, e lo mantiene con la forza.
Fin dal 1922 si prende la rivincita sulle città che gli avevano resistito, con avversari gettati dalle finestre di San Lorenzo a Roma, o legati ai camion e trascinati nelle vie di Torino. E sin dai primi mesi impone una cappa di piombo sulla nazione per reprimere ogni possibile dissenso: Tribunale speciale, polizia segreta, confino, tassa sul celibato, esclusione delle donne da molti posti di lavoro. Inoltre commette crimini contro altri popoli: reprime la rivolta della Libia chiudendo donne e bambini nei campi di concentramento (40 mila morti); fa sterminare gli etiopi con il gas; fa bombardare paesi e città inermi in Spagna; poi ordina le sciagurate aggressioni alla Francia, alla Grecia, alla Russia, regolarmente terminate con disastrose sconfitte; non per colpa dei nostri soldati, ma dell’impreparazione, dell’insipienza, della miseria morale del regime che a parole aveva preparato la guerra per vent’anni, e poi aveva mandato centinaia di migliaia di italiani a congelare e a morire senza indumenti adatti, armi, viveri, financo scarpe.
Cazzullo demolisce poi un altro luogo comune: non è vero che tutti gli italiani siano stati fascisti ed infatti il libro è dedicato alla memoria di don Giovanni Minzoni, di Giacomo Matteotti, di Piero Gobetti, di Giovanni Amendola, di Antonio Gramsci, di Carlo e Nello Rosselli e di tutte le vittime del fascismo. E l’antifascismo dovrebbe essere un valore comune a tutti i partiti e a tutti gli italiani. Certo, sottolinea il giornalista “oggi in Italia ci sono gli estimatori di Mussolini: pochi, ma non pochissimi. Troppi. Poi ci sono gli antifascisti convinti: molti, ma non moltissimi.
E poi c’è la maggioranza. Che crede, o a cui piace credere, in una storia immaginaria, consolatoria, auto assolutoria”. Una storia in cui si racconta che l’errore di Mussolini sia stato solo quello di seguire Hitler: in realtà i fascisti italiani sono stati corresponsabili della persecuzione degli ebrei e la guerra è stato lo sbocco logico del fascismo, che sostiene la sopraffazione di uno Stato sull’altro e di una razza sull’altra. “Ogni volta che la libertà, l’uguaglianza, la democrazia, i diritti civili vengono negati o messi in discussione, non significa che stia tornando il fascismo; significa che le idee che il fascismo sostenne e impose con la forza non sono morte e combatterle è il compito di tutti”.

(Riccardo Sordi)