Domenica 2 ottobre – XXVII del tempo ordinario
(Ab 1,2-3;2,2-4 – 2Tm 1,6-8.13-14 – Lc 17,5-10)
“Accresci in noi a fede”… perché, Signore, ci chiedi davvero tanto, ci chiedi troppo. “Accresci in noi la fede” perché il discorso che hai appena terminato sul perdono ci sembra semplicemente impossibile, non ti chiediamo di abbassare gli ideali solo di prenderci in braccio e avvicinarci un po’ al Cielo. “Accresci la nostra fede” perché ci fanno paura le tue parole e ci fa paura il mondo che non è mai tenero con chi è mite di cuore, perché noi facciamo paura a noi stessi, noi li conosciamo i nostri limiti, le nostre miserie: ci sentiamo inadeguati per questo sogno, o dilati le nostre capacità o rischiamo di perderci. Elogio dell’inadeguatezza. È già Vangelo, condizione minima per la conversione. Gesù sorride di questa debolezza conquistata.
Poi Gesù li guarda i suoi discepoli, con tenerezza, e apre il palmo della mano e quello che i suoi discepoli vedono è: niente. Una mano aperta e il dito del Maestro ad indicare un piccolo punto, un quasi niente… “se aveste fede quanto un granello di senape…” e allora lo vedono e non c’è niente di più piccolo di un granello di senape, misura minima in natura. Gesù sta dicendo loro di lasciar perdere i pesi e le misure che la fede non è questione di quantità ma di prospettiva. Elogio del seme. La logica della fede è quella del seme, un punto quasi invisibile capace di far esplodere la vita dal cuore della terra. La fede è nello sguardo di chi riesce a dare fiducia al miracolo della trasformazione. Gli occhi dei discepoli sono chiamati a stringersi dentro il profilo di un punto quasi invisibile per allenarsi a guardare oltre. Oltre il tempo, oltre l’attesa, oltre il seme stesso. Che il seme non è ancora radici, non tronco, non foglie; che ancora non fa ombra e non si slancia alto verso il sole. Che ancora non è albero ma ne è la Promessa, la Possibilità. La fede non aggiunge niente, la fede crede nella vita prima che questa si mostri. Il perdono è un seme, è credere nella possibilità di veder nascere nuove possibilità da un gesto quasi invisibile di riconciliazione. È credere che la vita possa ancora stupire. Non è tanto, non è poco, la fede è regalare spazio all’Imprevedibile, all’Inaudito, all’Impensato. La fede non è qualcosa che si trova ma qualcosa che si scopre, la fede non si ottiene per accumulo ma perdendosi, la fede non procede misurando il visibile ma dilatando Stupore. Dovevano capirlo subito i discepoli, Gesù li stava portando in un territorio difficile e inospitale dove la prima cosa da perdere è l’illusione delle soluzioni immediate. Siamo seme, siamo promessa, abbiamo bisogno di tempo e di cura. E questo vale per le persone che incrociamo, vale per i nostri figli, ma anche per noi. Siamo piccolo seme, la nostra forza è nel credere nella trasformazione lenta delle cose e delle persone. L’artista Bruno Munari definisce l’albero come “l’esplosione lentissima di un seme”. Ecco la fede.
don Alessandro Deho’