La riconciliazione con gli abitanti “primi” del Canada

La politica di assimilazione dei “nativi” e la tragedia delle “scuole residenziali”. La richiesta di perdono nell’eroico viaggio di papa Francesco

Il recente incontro di Papa Francesco con un gruppo di discendenti dei nativi del Canada (Foto Vatican Media/SIR)

Dal 1883 al 1996 in Canada hanno funzionato le “scuole residenziali” per gli indigeni, volute dal governo federale e gestite da enti religiosi, rilevante il coinvolgimento e la complicità della chiesa cattolica.
Lo Stato le istituì in base alle politiche e alle legislazioni che perseguivano l’obiettivo iniquo di controllare e assimilare gli indigeni. Per oltre un secolo la Confederazione canadese eliminò i governi aborigeni, ignorò i diritti stabiliti nei trattati, per attuare una politica di forzata assimilazione che cancellasse l’esistenza degli aborigeni come distinte entità legali, sociali, culturali, religiose, razziali.
Era stato il ministro Hector Langevin nel 1883 a sostenere che “per educare, per civilizzare i bambini inuit, meticci o indiani di prima nazionalità bisognava separarli dalle loro famiglie. Alcuni possono dire che è spietato, ma dobbiamo farlo”. Elemento centrale di messa in atto di questa politica colonialista furono le scuole residenziali, abolite nel 1996.
La Commissione per la verità e la riconciliazione, istituita nel 2015, ha accertato che furono 150mila i bimbi tra i 3 e i 16 anni strappati dalle loro tribù e affidati a 130 convitti gestiti da comunità religiose, di questi circa 4.100 morirono per inadeguato sostegno finanziario del governo per il vitto, le cure, che non pagò neppure le spese funerarie per riconsegnarli alle famiglie. La principale causa di morte era la tubercolosi, poi influenza e polmoniti, cui si aggiunse nel 1918 la pandemia detta “spagnola” .

Nativi canadesi in un disegno di un artista anonimo del XVIII secolo

I vescovi cattolici del Canada nella Conferenza episcopale del 24 settembre 2021 hanno espresso il loro rimorso per i maltrattamenti e la morte di migliaia di questi bambini indigeni, vittime di un sistema che ha portato alla soppressione delle lingue, della cultura e della spiritualità di quaranta gruppi di indigeni ricchi di storia, tradizioni e saggezza. Sono state ritrovate 215 sepolture non identificate nei pressi delle scuole residenziali negli stati di Columbia e Saskatchewan della Federazione canadese.
Finalmente si cominciò negli anni Novanta a fare i conti con questa orrenda realtà che si è concretizzata in una società tra le più avanzate del mondo e la cosa insegna che i valori etici e democratici non sono automatici, vanno custoditi giorno per giorno. A livello politico e culturale il governo canadese insieme ai vescovi ha aperto iniziative per chiedere perdono, per ricostruire un’alleanza, infondere coraggio, ricercare la verità con trasparenza, guarire le ferite, fare riconciliazione.
Il Parlamento canadese e il Vaticano continuano ad operare per azioni di riparazione e di risarcimento, vogliono fare luce di verità sui fatti, senza nulla occultare. Fu istituita una Commissione sui popoli aborigeni che dal 1991 al 1993 operò col Vaticano secondo precisi impegni: i vescovi cattolici hanno chiesto perdono, riconoscono il fallimento e gli errori nei confronti degli indigeni, già denunciati nei viaggi pastorali in Canada di Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e in quello penitenziale di papa Francesco, compiuto ora nell’ultima settimana di luglio.
Un evento molto significativo è stato l’incontro a Roma dal 17 al 20 dicembre 2021 con una delegazione dei popoli indigeni canadesi: papa Francesco li ha ascoltati direttamente con forti sentimenti di vicinanza e di denuncia della colonizzazione praticata secondo l’insostenibile “dottrina della scoperta” (chi prima arriva in una nuova terra, la occupa): uno striscione ancora l’ha condannata nella Messa al santuario di Sant’Anna vicino a Quebec, davanti ad un papa pellegrino e sofferente in carrozzella, che nell’omelia ha chiesto a tutti di fare un percorso di guarigione dall’errore alla speranza: un modo efficace deve essere anche dare un ruolo più incisivo alla donna nella chiesa: “la tenerezza materna è la via per la riconciliazione”, saggia e custode della vita, anche per gli indigeni canadesi, la donna è stata ed è buona organizzatrice della famiglia e della tribù.
La presenza di moltissimi del popolo “Primo” (first Nations) delle terre canadesi ha fatto percepire che il pentimento è sincero. Nell’incontro coi sopravissuti delle scuole residenziali e coi giovani di tutto il paese si è pregato perché “ci possa essere una guarigione fondata sulla verità”, e per trovare “l’umiltà di ascoltare e il coraggio di amare gli altri come noi stessi”: è il Vangelo che risuona nella pedagogia ignaziana del papa gesuita con l’invito a chiedere vergogna e confusione quando si considerano i peccati.

Maria Luisa Simoncelli

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