
Fu in modo particolare Percy Bysshe Shelley (1792-1822) a esercitare forte suggestione fra i primi poeti e intellettuali romantici inglesi per le sue posizioni idealistiche desunte dal filosofo William Godwin di cui sposò in seconde nozze la figlia Mary. Dalla meditazione sulla grande letteratura greca classica maturò aspirazioni utopiche ad una rigenerazione dell’uomo e della società che porterà Marx a considerarlo uno dei precursori del socialismo. I critici sono concordi nel giudicarlo “veramente un poeta rivoluzionario, un ribelle a tutte le istituzioni politiche, religiose e economiche inglesi” (David Daiches).Visse in un momento difficile per l’Inghilterra dopo le guerre napoleoniche, venne in Italia, “paradiso degli esuli” dopo aver visto in patria la repressione violenta dei raduni di operai e operaie che volevano il suffragio universale e rifiutavano norme di legge sul mercato del grano.
Poeta romantico per tanti motivi: individualismo, gesti languidi, una fede quasi mistica laica sulla vittoria finale dell’amore sulla malvagità, un intenso rapporto con la natura interpretata secondo la propria soggettività. Non fu ateo, fu un idealista, un creatore di miti, con la passione di rinnovare il mondo sostenuta da intenti etici. Su questi temi si basa l’opera Alastor ovvero lo spirito della solitudine. Una fantasia infiammata, un sentire astratto in alternanza con passionali vibrazioni non gli evitarono frustrazione “cantò e morì da solo”.

La personalità di Shelley risponde ad un ideale poetico adolescenziale con trepide emozioni, entusiasmi appassionati; emerge la figura di un poeta dotato di splendore ritmico, convincente. Il dramma poetico Prometeo muove dal mito greco per rappresentare “la vittoria finale dell’amore sull’odio e la vendetta”. Nella tragedia I Cenci esplora il cuore umano e dà luce a nuove prospettive morali. Un’opera che dà rilievo ad un tema caratteristico di Shelley è l’amore platonico, lo affronta nel poemetto dal titolo greco Epipsychidion del 1821, scritto poco prima della tragica prematura morte. L’amore non deve mai riversarsi su una sola persona, ritorna il binomio classico amore e morte. Per la morte del poeta e amico Keats, avvenuta a Roma nel 1821 a soli 26 anni di età, Shelley compone l’elegia Adone in cui “domina con splendida energia poetica i suoi simboli neoplatonici” della consolazione, dell’approdo ad un mondo mistico e ideale della realtà vera al di sopra della sua “copia” terrena. Piedegonfio il tiranno è una curiosa satira drammatica, mette insieme citazioni da commedia di Aristofane, toni burleschi del tragico Sofocle e echi del teatro delle marionette per fare una canzonatura di re Giorgio IV e della regina Carolina: si ha l’impressione di preludio della “Fattoria degli animali” di George Orwell.
L’ultima opera Il trionfo della vita è una visione poetica in cui risuonano echi di tanti poeti italiani. Qualche limite nel dare successione organica alle immagini non toglie splendore artistico e intensità di convincimenti al romantico difensore della poesia e della fantasia. L’anglista Mario Praz, profondo storico e critico della letteratura inglese, osserva che, pur mancando di un costante lavoro di rifinitura dell’esposizione formale, Shelley nella varietà del suo atteggiamento verso la natura raggiunge alti esiti artistici e una disponibilità alla consonanza col tutto e “a un brivido sacro dinanzi a una presenza invisibile” che dà vibrazioni mistiche, incandescenti alle visioni della natura, con affinità con la pittura di Turner.
(m.l.s.)