Il feldmaresciallo tedesco Erwin Rommel sul fronte africano
L’estate 1942 segna l’inizio della fine per gli eserciti del cosiddetto Tripartito (Germania, Italia, Giappone). La II guerra è diventata davvero mondiale e la situazione militare comincia a capovolgersi, anche se la fine sarà ancora lontana. La rapida avanzata delle truppe naziste, che aveva messo sotto dura occupazione l’Europa occidentale, baltica e del mare del Nord, insieme all’alleato italiano fascista, aveva portato la guerra anche nelle colonie inglesi e francesi nel Nordafrica.
Il sacrario tedesco a El Alamein
L’Unione Sovietica – aggredita all’improvviso il 22 giugno 1941 dalla Germania e dall’Italia con associate Romania, Ungheria, Slovacchia e la sottomessa Finlandia – subisce l’occupazione di un vasto territorio compresa Ucraina e Bielorussia – ma resiste a costo altissimo fino alla vittoria finale, soprattutto a Leningrado (il più lungo assedio della storia) e a Stalingrado.
Gli Stati Uniti, in guerra da poco più di 6 mesi, dopo la distruzione della loro flotta alle isole Haway il 7 dicembre 1941 da parte dei giapponesi, riportano nel Pacifico la prima e più grande vittoria navale alle isole Midway (4-7 giugno) contro l’aggressiva marina giapponese; hanno una superiorità di navi e di aerei prodotti dal più potente apparato industriale del mondo. Il regno Unito versa lacrime e sangue ma impedisce ai nazisti di varcare la Manica.
Nell’Europa occupata prende il via una difficile clandestina Resistenza. In questo scenario globale ci sta anche la svolta in Africa del Nord dove sono le colonie francesi e inglesi. In Marocco e Algeria sbarcano gli alleati anglo-americani in guerra contro i tedeschi e contro le colonie italiane di Libia, Eritrea, Etiopia e Somalia. Lo scontro, iniziato il 23 ottobre 1941 si conclude nel luglio 1942: decisiva è la battaglia combattuta sulla piccola e tozza altura di El Alamein a pochi chilometri da Alessandria d’Egitto.
Il cimitero britannico a El Alamein (da Wikipedia)El Alamein: l’ingresso al sacrario italiano
Due sono gli strateghi: Erwin Rommel “la volpe del deserto” al comando dell’Afrika Korps di soldati tedeschi e italiani e Bernard Law Montgomery comandante dell’VIII Armata britannica. Le forze in campo sono sproporzionate: rispetto agli inglesi gli italotedeschi hanno circa metà di soldati, un terzo di carri armati, 700 aerei caccia e bombardieri contro i 1200 inglesi, inoltre mancavano di rifornimenti perchè nel porto libico di Tobruk potevano essere scaricate solo 600 tonnellate di materiali al giorno, in più gli inglesi siluravano con accanimento tutti i trasporti marittimi diretti in Libia.
Alla vigilia dell’attacco di El Alamein le 8 divisioni italiane e i 55mila soldati disponevano di munizioni per soli tre giorni di fuoco. Montgomery fa avanzate travolgenti carri armati, cattura migliaia di prigionieri e obbliga gli avversari a precipitose ritirate nel deserto che non dà argine a organizzare una difesa. I morti furono moltissimi, l’ossario di El Alamein raccoglie i resti di 4.500 soldati e marinai italiani, il cimitero dei tedeschi 4.200 e quello inglese ha la scritta “il numero lo conosce Dio”.
Il 10 luglio 1942 l’ultimo sparo di cannone italiano, lo ricorda un cippo con l’epigrafe “MANCÓ LA FORTUNA – NON IL VALORE”. I reparti italiani, specialmente le divisioni Folgore e Ariete si distinsero per iniziativa, coraggio, spirito di sacrificio, che è rimasto dimenticato. La Folgore, chiamata nella battaglia di El Alamein a presidiare un fronte di 15 km, aveva in tutto 5mila uomini e un migliaio fu ucciso dalla malaria, combatterono in una zona desolata con temperatura fino a 47° e forte escursione termica notturna. Le bombe e la furia della lunga battaglia imposero ala fine la resa degli italiani. La BBC inglese disse che “i resti della divisione Folgore hanno resistito oltre ogni limite delle possibilità umane”. Finalmente il valore degli italiani, pur con la sconfitta, è stato riconosciuto dal presidente Ciampi in visita ad El Alamein il 20 ottobre 2002.
Maria Luisa Simoncelli
Due lunigianesi ad El Alamein
Alberto Balestracci
Ci sono almeno due soldati lunigianesi che presero parte alla sanguinosa battaglia di El Alamein. Si tratta di Alberto Balestracci di Pontremoli (nella foto) e di Guglielmo Mariotti detto “Ginetto” di Mulazzo.
Balestracci, classe 1919 della SS. Annunziata, partecipò al conflitto in Africa come paracadutista della Folgore. Scampato più volte miracolosamente a mitragliamenti e bombardamenti sulle piste desertiche retrostanti il fronte, venne catturato dagli inglesi insieme agli ultimi superstiti che, finite le munizioni e sparati gli ultimi colpi, erano costretti alla resa dopo aver ricevuto l’onore delle armi. Rimase prigioniero degli inglesi per ben quattro anni, ritornando in patria solo un anno dopo il termine del conflitto, nel giugno del 1946. Ritornato a Pontremoli, lavorò presso la Cementi e si sposò con Nella Beghetti, da cui nacquero le due figlie Patrizia e Paola. È scomparso nel febbraio del 1990.
Mariotti, classe 1917, faceva parte dei Guastatori della Folgore, reparto utilizzato nella battaglia di El Alamein come truppa di fanteria. Il suo battaglione venne sterminato, lui riuscì a scappare e a nascondersi nel deserto per qualche giorno, ma fu poi trovato dagli inglesi e catturato. Anche lui come Balestracci rientrò in Italia solo nel 1946. Si impegnò in politica e dal 1952 al 1962 è stato sindaco di Mulazzo. Insegnante al “Pacinotti” di Pontremoli, si sposò con la fivizzanese Marina Ghinoj, da cui nacque la figlia Giuliana, si trasferì a Fivizzano dove ha vissuto sino alla morte arrivata nel marzo del 2012. (r.s.)