In Nigeria una violenza disumana e intollerabile
Strage a Owo, in Nigeria, nella chiesa cattolica di San Francesco Saverio (Photo by AFP – Foto AFP/SIR)

L’episodio avvenuto domenica scorsa nella città di Owo, nel sud-ovest della Nigeria, al termine della celebrazione della messa nella chiesa cattolica di San Francesco Saverio, è l’ennesimo atto di violenza perpetrato in quel Paese contro le comunità cristiane, non solo cattoliche. I risultati della strage in termini di perdita di vite umane (si può dire ‘per fortuna’?) si sono “ridotti” a 21 morti, dopo che, nell’immediato del fatto, si era parlato di almeno cinquanta.
Violenza pura, esagerata, con uso di esplosivi e una sparatoria durata una ventina di minuti, senza alcun intervento delle forze di polizia. Come detto, questo è solo l’ultimo di una serie di attentati che, nelle intenzioni degli autori (per ora nessuno ha rivendicato questa strage), mirano a destabilizzare un Paese già in difficoltà per l’esagerato numero di etnie che in esso convivono, facendo leva anche sulle tensioni di carattere religioso esistenti tra comunità islamiche e cristiane.
Non aiuta la ricerca della pacifica convivenza la crisi economica, acuita in questi ultimi anni dai problemi legati al cambiamento climatico, che esaspera, per esempio, le rivendicazioni delle popolazioni nomadi, che praticano la pastorizia nella zona nord del Sahel, nei confronti si quelle sedentarie, dedite all’agricoltura nel meridione.
Ugualmente distinta è l’appartenenza religiosa: a nord gli islamici, a sud i cristiani suddivisi nelle varie Chiese. Se è vero che queste diverse necessità hanno causato, non da oggi, forti contrasti tra le molte tribù (si contano più di 200 etnie), è però altrettanto vero che non è così facile analizzare una realtà come quella della Nigeria, un vero e proprio gigante, percorso da gruppi armati di diversi origini e ideologie, che possono muoversi indisturbati o quasi in un ambiente caratterizzato da una vasta estensione territoriale, pari a tre volte quella italiana.
In questa nazione, di per sé ricca di risorse naturali (si dice che “galleggi” sul petrolio), forti sono anche le differenze economiche: molti sono i poveri che non sanno come arrivare a sera, pochi i ricchi che, con la connivenza delle multinazionali, si arricchiscono sempre di più grazie al controllo dell’estrazione del petrolio. Appare allora evidente, ancora una volta, come la pace “vera”, intesa come pacifica convivenza e non come semplice assenza di guerra, quotidianamente invocata da Papa Francesco, non possa essere disgiunta dalla giustizia nella distribuzione della ricchezza.
Finché ci sarà fame nel mondo, ci sarà sempre la possibilità di trovare qualche disperato da indottrinare perché agisca contro qualcun altro, convinto, in tal modo, di raddrizzare i torti dai quali è oppresso. Allo stesso modo, il rispetto tra diversi credi religiosi può togliere un altro degli argomenti che contribuiscono ad alimentare l’odio e la violenza.

Antonio Ricci