Nostra intervista al nuovo vescovo diocesano
Il vescovo Mario ci ha concesso questa intervista all’indomani della sua prima visita a Pontremoli, con la quale ha completato i passaggi ufficiali legati all’inizio del suo ministero nella nostra diocesi. Partendo dagli aspetti più personali, mons. Vaccari ha parlato del “totale cambiamento” subentrato nella sua vita a partire dallo scorso 24 febbraio. “Anche se mi accadeva di stare fuori uno o due giorni, fino a quel momento, dice, il mio riferimento era la comunità: la preghiera del mattino e della sera, la messa erano momenti che strutturavano la mia giornata; oltre a momenti più leggeri: commentare le notizie, vedere un film”. In realtà, però, finora non si è ancora sentito solo “perché la giornata è molto piena di incontri anche fuori dalla curia: quando esco per comprare qualcosa la gente mi riconosce, mi vuol salutare, chiede una benedizione e questa è una dimensione molto bella. La sera, apprezzo un po’ di solitudine perché sento il bisogno di ritrovarmi con me stesso nella preghiera e per rivedere le cose della giornata”. D’altra parte, aggiunge, “l’alternanza tra vita in comunità e solitudine è presente anche nella vita del frate minore, con momenti in cui ci si ritira nella propria stanza per trovarsi a tu per tu con Dio, pensare, leggere”.
“Questa seconda chiamata, spiega, è arrivata dalla Chiesa in modo inaspettato ma rispondere ‘no’ sarebbe stata una bella responsabilità, anche se era una chiamata che mi toglieva da un ambito familiare e mi mandava incontro a qualcosa di inedito… Si deve andare oltre i dubbi del tipo: sarò adeguato? perché hanno scelto proprio me? Così ora mi trovo proiettato in una vita che non ho mai fatto, di cui non ho alcuna esperienza”. Gli chiediamo se sente valido anche per sé l’incarico che il Signore consegna a s. Francesco: “va’ e ripara la mia Chiesa”.
“Mi sono reso conto di tanti nodi che dovrò sciogliere. Il motto che ho scelto va in quel senso: servire, rimboccarsi le maniche, iniziare ad affrontare i problemi dal basso”
“Attraverso i colloqui con mons. Gianni e con diversi preti, mi sono reso conto di tanti nodi che dovrò sciogliere. Il motto che ho scelto va in quel senso: servire, rimboccarsi le maniche, iniziare ad affrontare i problemi dal basso, non scandalizzarmi di quello che potrò trovare e partire dalla realtà. Non penso di prendere i problemi di petto ma avverto la necessità di affrontarne alcuni più urgenti di altri. Per questo sento il bisogno di nominare presto dei collaboratori stretti con i quali iniziare a lavorare”.
Tra i problemi che maggiormente opprimono la Chiesa, mons. Vaccari pone la progressiva perdita del ruolo che ha avuto per secoli: “Non c’è più una società cristiana. Sulle sfide che la Chiesa deve affrontare, papa Francesco ci ha dato tanti suggerimenti, a partire dalla Evangeli Gaudium; dobbiamo cercare di applicare queste indicazioni all’interno della Chiesa per dare una risposta a questo grande cambiamento della società. Il cammino sinodale è una di queste strade e su questo bisognerà insistere”.
Quanto ai problemi legati agli abusi o alla corruzione, “credo che anche le ultime indicazioni della Cei vadano nel senso di affrontare questi casi nella verità e in tutta la loro problematicità. Anche il Papa invita a mettersi dalla parte delle vittime ma senza dimenticarsi della persona accusata, che va trattata nel modo giusto, evitando dichiarazioni di colpevolezza prima che siano esaurite le indagini e i processi; come dovrebbe essere per tutti”.
“Il territorio è fatto dalla costa e dai monti, che da sempre hanno dialogato nella loro diversità. Superare le divisioni è mettere in collegamento queste diversità, così che si accolgano e dialoghino”
Il giorno della sua ordinazione il vescovo Mario aveva parlato di “un nuovo inizio per questa Chiesa particolare”. “Facevo riferimento, precisa, alla particolare azione dello Spirito Santo quando viene nominato un vescovo nuovo. È un ‘nuovo inizio’ perché, con la ‘testa’, cambia anche lo stile”. Il nuovo pastore prende in eredità tutto quello che i vescovi precedenti hanno espresso nel bene e nel male: “Tante cose belle e buone, assieme a situazioni che non potevano essere affrontate in certi momenti e sono state affidate ai successori. Si prende in carico il passato e si cerca di vedere le cose nuove che si possono fare… per questo sento la necessità di un confronto con gli organismi che sono messi accanto al vescovo; tra questi anche il Consiglio presbiterale, che vorrei si ricostituisse al più presto”.
Un altro argomento, tratto dall’omelia della Veglia di Pentecoste, deriva dall’affermazione secondo la quale “la nostra unità come popolo di Dio (che sempre è da realizzare) potrà divenire mirabilmente simbolo e strumento di unità di tutto il genere umano”.
Nodo di particolare rilievo, dato che le divisioni e i contrasti non mancano tra le diverse zone della diocesi e all’interno delle singole zone. “A questa grande responsabilità, risponde il vescovo Mario, si può e si deve dare una risposta. Il dono che lo Spirito Santo dà è quello della comunione e dell’armonia, però nella diversità. Quando mi chiedono di ‘costa’ e di ‘monti’, io dico: il territorio è fatto dalla costa e dai monti, che da sempre hanno dialogato nella loro diversità. Allora, superare le divisioni non è rendere uniformi le cose ma mettere in collegamento queste diversità, in modo che si accolgano e dialoghino tra di loro. Davvero, io non capisco quando mi dicono che questa diocesi è spezzata, le ferite: l’umanità è così, è diversa; ognuno di noi è diverso dall’altro. Dove sta il problema? Pontremoli può continuare ad essere comunità cristiana che ha caratteristiche molto diverse da quelle che possono avere Massa o Carrara. Ma va bene; è bello venire a Pontremoli, vedere il paese, le tradizioni; da fuori, non capisco questo metter sempre in contrasto le cose. Può darsi che sia ingenuo ma ripenso ai frati, dove si passa dal Piemonte, al Trentino, al Triveneto: sono diversi ma possono costituire una fraternità nella diversità. Soprattutto non aiutano le chiacchiere; bisogna non avere pregiudizi, non dare giudizi e accogliersi nella diversità e niente ideologie del passato perché portano solo divisioni”.
Ha aggiunto nella stessa omelia: “Più che al passato, lo Spirito Santo ci fa guardare al futuro”. Un riferimento al modo in cui si dovrebbe guardare al IV centenario del voto alla Madonna del Popolo? “Non era un riferimento preciso, chiarisce, però riguarda anche quello. La Madonna ascolta il grido di sofferenza di una popolazione – quattro secoli fa causata dalla peste – e non dobbiamo pensare che lo faccia ‘una tantum’. Oggi ascolta la sofferenza di questo popolo, quindi quali sono le sofferenze, le ferite che opprimono questa porzione del popolo di Dio? È un’occasione per esprimere le fratture del territorio: i giovani che non si fermano, gli investimenti che mancano, lo spopolamento; credo che anche le amministrazioni abbiano a cuore queste cose. Poi ci sono le grandi questioni di questo tempo: la guerra con tutti i problemi che si porta dietro. Quindi dobbiamo presentare alla Madonna le sofferenze di oggi”.
È il concetto teologico di ‘memoriale’: “Tutte le volte che leggo la Parola di Dio, è come se quegli eventi del passato rivivessero oggi. Sono nella tradizione perché faccio memoriale di ciò che è avvenuto, però, siccome avviene nel momento in cui lo ricordo, lì passa la novità, il nuovo che Dio sta preparando per l’umanità. Altrimenti diventano rievocazioni storiche, folcloristiche, che sono belle ma la gente cosa si porta via da queste celebrazioni? Un’ultima citazione dal discorso dell’ordinazione è sull’importanza per la Chiesa oggi di “valorizzare meglio il rapporto tra fedeli laici e presbiteri, tra sacerdozio comune e sacerdozio ministeriale”. “Lo strumento attuale della Chiesa, dice il Vescovo, è il cammino sinodale, che prevede la valorizzazione dei laici verso i quali i presbiteri si pongono soprattutto in atteggiamento di ascolto e di servizio. Presbiteri e laici, però, devono sentire il cammino sinodale come qualcosa che li coinvolge in prima persona e non calato dall’alto; entrambi devono crescere in questa consapevolezza. Il Papa ha istituito nuovi ministeri ed ha ammesso le donne all’accolitato e al lettorato, dando l’idea che questa Chiesa debba valorizzare di più il sacerdozio comune acquisito con il battesimo. Mons. Vaccari conclude spiegando che è sua intenzione “riprendere la formazione del clero in modo sistematico; non solo intellettuale e teologica ma anche umana e spirituale: come vivere le relazioni, curare la spiritualità, fino all’approfondimento dei documenti del Papa, che sono una bussola che può aiutarci ad orientarci nei tanti problemi che segnano la nostra epoca”.
Infine, “un’altra urgenza è l’amministrazione dei beni della Chiesa con tanti enti che procedono separatamente. I beni devono essere amministrati (certo al servizio della missione, dei poveri), se no si degradano. Credo che questo degrado ci sia e per questo è necessario dare una guida coerente senza aspettare troppo”.
Antonio Ricci