Il valore della memoria: “Ricordo Caduti e Reduci Grande Guerra”

A Vico il primo appuntamento del calendario di eventi “Bagnone e Cultura”

Il ricco calendario “Bagnone e Cultura” si è aperto con l’incontro svoltosi a Vico, nel “bar – trattoria Anna”, venerdì 6 maggio scorso. Presente un pubblico attento e interessato fra cui il consigliere Luca Menghini, Matteo Marginesi, le presidenti “Fratres e Donne di Luna” Rita Beccari e Giusi Maggioni. Mai come oggi in cui si addensano i rischi dell’allargarsi di una guerra, che pare senza fine, urge ricordare per non continuare sulla scia degli errori, causati dalla stupida follia bellica. Per questo il tema scelto dall’assessore alla Cultura, del Comune di Bagnone, Luigi Leonardi è stato “Ricordo Caduti e Reduci Grande Guerra”. Nell’esposizione storica, chiara e precisa, con agganci ad altri argomenti pertinenti, Leonardi è stato affiancato da Urbano Simonetti, imprenditore locale, legatissimo alle sue radici, e da chi scrive. Grazie al lavoro di accurata e appassionata ricerca storica da parte di Olivano Sarti Taddei e di Roberto Cappanera, i discendenti dei Caduti vichesi nella Prima Guerra Mondiale, hanno potuto stringere fra le mani i fogli matricolari dei loro cari, conoscere il nome dei luoghi in cui hanno valorosamente combattuto, le cause della morte ed i cimiteri che raccolgono le loro spoglie. Con l’ausilio di foto, l’esposizione dei relatori ha spaziato dai paradossi del Primo conflitto mondiale, divenuto scontro di trincea, agli schemi strategici antiquati fino ad arrivare all’enorme carneficina, inutile strage. Tangibile l’emozione nelle parole di Urbano nel tratteggiare le figure dei nostri Caduti, che hanno fatto olocausto della giovane vita, e dei pochi reduci. I combattenti di trincea, con l’elmetto calato a segar la fronte, l’uniforme raffazzonata e pidocchiosa, il fucile “Novantuno”, con pallottola in canna, le pezze ai piedi torve di poltiglia… si lanciavano nella landa reticolata contro le mitraglie nemiche. Appena tacevano le armi, il cappellano che, prima di portare la divisa e stellette, vestiva da prete o da frate, celebrava la Santa Messa dentro una grotta di terriccio, con i “topi” di guerra domiciliati. E tutti, con le facce ancora stravolte dalla mischia, schiudevano la bocca per prendere una piccola Ostia consacrata: unico candore e unico conforto. Per rendere onore alla verità, va detto, a distanza di molto tempo, che l’Italia, a causa della sua indecisione politica, visse l’intervento in modo ambiguo. Ovvero con distacco, se non di aperta sfiducia. Tuttavia, e questo è stato rimarcato nell’incontro, non mancò un’epica di guerra che, ancora oggi emoziona, per i sentimenti che seppe risvegliare e che ebbe, fra i tanti, i rappresentanti più autorevoli in Giuseppe Ungaretti, Ardengo Soffici, Piero Jahier, Gabriele D’Annunzio. A toccare davvero il cuore dei soldati, la maggior parte dei quali analfabeti, furono i versi dei tanti improvvisati “autori di trincea” che al lirismo sostituirono il pragmatismo. Anche i canti ebbero enorme valore. Intensi, vibranti, intrisi di sentimenti. Canti che ruotano attorno al trinomio “Mitragliatrice, reticolato, trincea”. Brani che parlano della nostalgia di casa, degli affetti grandi, della paura, della morte, del coraggio, del desiderio di tornare al focolare. La forza della poesia e dei canti riescono a superare le barriere del tempo, trasmettendo un intero patrimonio umano. Testimoniando ciò che accadde ci spronano ad essere costruttori di pace, di giustizia, di libertà, di unione, nel rispetto della dignità di ogni uomo e di ogni popolo. Solo così i nostri Caduti non saranno morti invano. Solo così tornerà a sbocciare il tanto desiderato fiore della Pace. A vantaggio di un mondo più bello e vivibile da consegnare ai nostri ragazzi.

Ivana Fornesi