Finalmente ritorna in libreria, con L’accecatore, uno dei più bravi e sottovalutati autori italiani, quel Vincenzo Pardini che, nato a Fabbriche di Vallico (Lucca) non ha mai abbandonato l’amata (e bellissima) Garfagnana per darci in oltre trent’anni una serie cospicua di opere che tra racconti e romanzi gli hanno guadagnato la stima dei critici e dei lettori più attenti. Il suo “La mappa delle asce” (Theoria 1990 e mai più sciaguratamente ripubblicato ) è da considerare tra le più belle raccolte di racconti del Novecento non solo italiano.
Inoltre, tanto per citare, “Jodo Cartamigli” (Mondadori 1989 ), “Giovale” (Bompiani 1993), “Rasoio di guerra” (Giunti 1995), “Tra uomini e lupi” (peQuod 2005, premio Viareggio-Repaci ), “Il postale” ( Fandango 2012 ), “Grande secolo d’oro e di dolore” (Il Saggiatore 2017 ) ed altri ancora testimoniano che i positivi giudizi nel tempo di autorevoli personaggi come Enzo Siciliano, Cesare Garboli o Natalia Ginzburg erano ben meritati.
In questo suo ultimo “L’accecatore “ (Edizioni peQuod, pagg. 135, euro 16) ci troviamo in un paesino dell’Appennino toscano dove un cronista di provincia, non più giovanissimo, si trova a dover dar conto dell’uccisione di un ciclista cui un grosso uccello non ben identificato ha strappato gli occhi aggredendolo. Il fatto si ripete ed il cronista si accorge che il grosso uccello ha preso l’abitudine di stanziare frequentemente presso la sua abitazione. Non riesce comunque a determinarne la specie tranne l’abbondante struttura corporea tra cui spiccano due coppie di ali.
Ben presto le aggressioni si moltiplicano e le misure di sicurezza cercano soluzioni come occhiali di protezione, sbarre alle finestre, reti di intralcio. L’uccello viene identificato come “L’accecatore” e risulta colpire solitario in varie parti del mondo finché un ulteriore pericolo non si aggiunge: stormi di uccelli di più piccole dimensioni, numerosi e presenti in ogni continente, provocano stragi di esseri umani ed animali. Il cronista e narratore della storia come primo testimone aveva dato una sua versione dei fatti e nel prolungarsi della stessa aveva provveduto ovviamente a scrivere non solo per il suo giornale ma anche tenendo un suo diario in cui azzarda ipotesi sugli accadimenti. Si accorge infatti che puntualmente “l’accecatore” si mette in evidenza nei pressi della sua casa portandoci all’epilogo.
Tra fantascienza, horror, thriller (inevitabile il ricordo ed il confronto con l’Hitchcock de “Gli uccelli”) si snoda una storia in cui alla attenzione, conoscenza, bravura e simpatia ancora una volta esplicitata dalla grande penna di Pardini per il mondo animale, si aggiunge attraverso la suspense una ulteriore valenza espressiva attraverso la quale il nostro cronista narratore si insinua abilmente nel nostro animo se non nella nostra coscienza proiettandoci pericolosamente ma giustamente in una riflessione del nostro essere al mondo, adesso.
Per la cronaca comunque è provato che il romanzo è stato scritto prima della pandemia.
Ariodante Roberto Petacco