La Madonna del Latte a Pontremoli, una devozione mascherata

“La Madonna del Latte a Pontremoli, una devozione mascherata è il titolo un po’ intrigante di un opuscolo di Luciano Bertocchi finito di stampare in proprio nel gennaio 2022. Nella sua senescenza attiva, dedita a conoscere e conservare reliquie di immagini e di linguaggio del proprio mondo di origine e di vita, ha scovato tre raffigurazioni di Maria che allatta Gesù, ma conosciute e venerate sotto altra denominazione. Il piccolo libro apre col tema della maternità di Maria, negata dall’eresia dei Nestoriani che non concepivano che Dio essere divino potesse bere latte umano.
Fu il concilio di Efeso del 431 a consacrare Maria madre di Dio, in greco Teotòkos. Gesù è vero Dio e vero uomo e lo fu fino dal concepimento, fu fructus ventris di Maria comerecitavamo nell’Ave Maria in latino. Gesù fu carne e come ogni bambino fu allattato sulle ginocchia della madre. Luciano Bertocchi osserva che “se l’evento del parto non ha intaccato l’idea della verginità di Maria, dall’altra il tema del nutrimento trovava nel gesto dell’allattamento uno dei momenti più alti per evidenziare la dimensione umana di Gesù”. La Madonna che allatta (galaktotròphusa) come quella della Madonna che indica la via (odigitria) compare in icone nella chiesa ortodossa prima che in Occidente, dove, istituito nel sec. XII il matrimonio, si esalta la donna nel ruolo di sposa e di madre.
La Vergine Maria donna del popolo, a Nazaret alleva il suo bimbo. Il culto della Madonna del Latte si diffuse molto in Italia specialmente in Toscana, ma col Concilio di Trento chiuso nel 1563 fu proibito di “dare alle sante immagini attrattive provocanti” col seno scoperto, era una nudità non tollerabile nella madre di Dio: nel Seicento Maria “lactans” fu considerata immagine moralmente pericolosa che poteva attrarre i fedeli per la nudità! La Controriforma staccava la storia dall’arte.
Da queste premesse Luciano Bertocchi ritiene plausibile che le tre Madonne pontremolesi (uniche in Lunigiana tranne una a Moncigoli) abbiano avuto una devozione mascherata per evitare di doverle rimuovere o modificare in osservanza delle disposizioni della Chiesa Tridentina.
Nella chiesa di San Giacomo d’Altopascio col titolo di Madonna del Soccorso Maria sorregge il proprio seno a Gesù che succhia il latte e tiene in mano un cardellino simbolo della futura passione L’immagine databile al Quattrocento è esterna alla chiesa ora visibile dietro una grata. Forse era rimasta sotto uno strato di intonaco nell’antica area di clausura delle suore agostiniane. Venne alla luce durante i lavori di costruzione della nuova chiesa, nell’abbattimento di un muro il muratore che lo colpiva ebbe bloccato il braccio; pentito, chiese perdono e Maria venne in suo soccorso (così narra Bernardino Campi).
Altra Madonna del Latte è nell’oratorio di Nostra Donna del quale sono richiamate le vicende storiche, è un affresco inserito nel timpano spezzato dell’altare maggiore, proviene da una nicchia nelle mura di Castelnuovo come Madonna del Ponte, poi venerata come Madonna della Neve dalla Confraternita omonima, nata dal trasferimento a Nostra Donna della Confraternita della Concezione Immacolata da secoli con sede nella chiesa romanica di San Martino all’Annunziata.
La terza immagine è stata rinvenuta nella sacrestia della parrocchiale di Mignegno; è una tela molto rovinata, arrotolata non più proponibile alla venerazione dei fedeli, è databile al secondo Quattrocento. Vergine della Stella era detto l’altare dedicato ma è una Virgo Lactans in trono tra San Giuseppe e Sant’Antonio da Padova con abito tipico delle lattanti con taglio da cui esce il seno per nutrire Gesù. La tela fu restaurata nel 1727 da Matteo Pinotti, ora ha bisogno di un nuovo restauro.

Maria Luisa Simoncelli