Nel periodo della pandemia sono raddoppiati i patrimoni dei 10 uomini più ricchi del mondo

Reso pubblico lunedì il rapporto Oxfam sulle disuguaglianze

Si dirà: “Niente di nuovo sotto il sole” ed è vero, ma certe notizie creano comunque un disagio che è difficile superare, considerando i tempi tribolati della pandemia che stiamo vivendo. Ci riferiamo ad alcuni dati contenuti nel rapporto “La pandemia della disuguaglianza” pubblicato lunedì scorso da Oxfam, organizzazione impegnata nella lotta alle disuguaglianze, in occasione dell’apertura dei lavori del World economic forum di Davos, che quest’anno si terrà in forma virtuale.
Mentre si stima che nel corso di questi ultimi due anni 163 milioni di persone siano cadute in povertà a causa della pandemia, nello stesso periodo di tempo i 10 uomini più ricchi del mondo hanno più che raddoppiato i loro patrimoni, passati da 700 a 1.500 miliardi di dollari, al ritmo di 15.000 dollari al secondo, 1 miliardo e 300 milioni di dollari al giorno. A rendere ancora più difficili da comprendere certi “miracoli” economici, ci sono altri dati esposti da Gabriela Bucher, direttrice di Oxfam International, nel corso della presentazione del rapporto: “Già in questo momento i 10 super-ricchi detengono una ricchezza sei volte superiore al patrimonio del 40% più povero della popolazione mondiale, composto da 3,1 miliardi di persone”.
Dall’inizio dell’emergenza Covid-19, con una cadenza quasi giornaliera un nuovo miliardario si è aggiunto all’élite di oltre 2.600 super-ricchi le cui fortune sono aumentate di ben 5mila miliardi di dollari, in termini reali, tra marzo 2020 e novembre 2021. Sono questi numeri esagerati a far parlare gli esperti di Oxfam della presenza di un vero e proprio “virus della disuguaglianza” all’origine di fenomeni per i quali ogni 4 secondi una persona muore per mancanza di accesso alle cure, per gli impatti della crisi climatica, per fame, per violenza di genere. A fare le spese degli impatti economici più duri della pandemia sono state le donne, che hanno perso, nel complesso, 800 miliardi di dollari di redditi nel 2020 e 13 milioni di posti di lavoro.
Da quando si è iniziato a parlare di Covid-19 e delle speranze risposte nei vaccini, si è molto parlato della necessità di favorire l’accesso a quei rimedi anche ai Paesi in via di sviluppo. Tutto tempo e fiato sprecati: la percentuale di persone che muore a causa del virus nei Paesi più poveri è circa il doppio di quella dei Paesi ricchi; a conferma di questo vero e proprio disastro umanitario, ad oggi in quei Paesi il tasso di vaccinazione della popolazione è di appena il 4,81%.
I maggiori produttori di vaccini – Pfizer, BioNTech e Moderna -, da parte loro, hanno realizzato utili per 1.000 dollari al secondo… di certo non con le vendite ai Paesi di cui sopra, che hanno ricevuto appena l’1% dei vaccini messi sul mercato. “Alcuni settori – spiega la Bucher – hanno beneficiato della crisi con conseguenze avverse per troppi”; questo perché, per esempio, il settore farmaceutico si è dimostrato incapace di tenere la logica del profitto entro certi limiti e “contrario alla sospensione temporanea dei brevetti e alla condivisione delle tecnologie necessarie per aumentare la produzione di vaccini Covid e salvare vite anche nei contesti più vulnerabili del pianeta”.

Paolo Beccegato

Non si può, quindi, non essere d’accordo con la direttrice di Oxfam, secondo la quale “la disuguaglianza non è una fatalità ma il risultato di precise scelte politiche… I nostri sistemi consentono a chi è estremamente ricco di beneficiare della crisi”. Ai politici sono quindi richiesti coraggio e visione per affrancarsi da paradigmi di sviluppo che hanno mostrato il fallimento negli ultimi decenni.
Non lascia dubbi il commento di Paolo Beccegato, vicedirettore di Caritas italiana, ai dati del rapporto. “Le élite di potere – osserva – non hanno una reale volontà politica di affrontare il tema delle disuguaglianze in modo specifico perché va contro i loro interessi”. Occorre, quindi “rimuovere i conflitti d’interesse che stanno a monte e pensare davvero al bene comune anziché al bene di pochissime persone”.
Una ricchezza che cresce ma finisce sempre nelle solite mani è destinata a creare tensioni sociali e rabbia e questo può divenire un problema anche per il nostro Paese. Le disuguaglianze orizzontali tra gruppi omogenei all’interno della stessa nazione purtroppo sono in aumento a livello mondiale “e questo spiega l’inasprirsi dei conflitti sociali all’interno delle singole nazioni”. Un altro aspetto da sottolineare – aggiunge Beccegato – è “il tema delle donne e delle minoranze più deboli come i migranti, più colpiti dagli effetti della pandemia e discriminati. Sono i primi ad essere licenziati perché hanno meno tutele formali”.