Mons. Ambrosio: la preghiera e l’ascolto sono la mia guida

Sei mesi fa arrivava in diocesi l’Amministratore apostolico, dopo le dimissioni del vescovo Giovanni Santucci

Il Vescovo Gianni Ambrosio

Arrivato in diocesi a fine gennaio, dopo le dimissioni, per motivi di salute, del vescovo Giovanni Santucci, mons. Gianni Ambrosio, amministratore apostolico, vescovo emerito di Piacenza, fin da subito ha intrapreso un’azione pastorale volta a preparare il popolo di Dio all’accoglienza nella fede del nuovo pastore. La sua è una figura ormai familiare; in questi mesi, abbiamo imparato a conoscerlo e ad amarlo. Discreto nelle parole, essenziale negli interventi, sempre disponibile all’ascolto, dotato di grande sensibilità umana e spirituale che sprizza dai suoi occhi vivaci, ci sta donando un esempio di fede concreta, aprendo, sempre più, i cuori alla speranza.

Proviamo a fare un bilancio della sua attività apostolica, impegnativa e non facile a sei mesi dal suo arrivo nella diocesi di Massa Carrara – Pontremoli. Come ha trovato questa terra e il popolo che in essa vive?

Mons. Ambrosio, amministratore apostolico della diocesi

“Sì, sono ormai passati sei mesi, direi che sono volati. Ho cercato di ascoltare, di vedere, di consolare, di orientare, mettendo sempre al primo posto la preghiera. Perché la preghiera ci aiuta a ricordare che il Signore Gesù è il nostro Pastore. Nella preghiera ho chiesto di vedere questa terra e questo popolo con gli occhi del cuore, perché ‘non si vede bene che con il cuore’, ci ricordava Saint-Exupery. La comunità ecclesiale apuana ha bisogno di inserirsi con decisione nel cammino sinodale che coinvolge tutta la Chiesa. Abbiamo bisogno di sperimentare la gioia di vivere la comunità, dando slancio alle relazioni sia tra preti sia tra fedeli laici. Così, sperando che finisca la pandemia, si può ripartire con creatività, individuando le priorità e l’essenziale dell’annuncio cristiano. Le potenzialità ci sono nella diocesi, ma il vero cambiamento è da attuarsi nel “vissuto personale” di ciascuno: qui è in gioco la fede da vivere nella quotidianità, ma con un orizzonte grande, senza il quale si resta chiusi nel proprio orticello. Speriamo che tutti siano disponibili ad assumere fino in fondo la responsabilità di camminare insieme come discepoli di Gesù, lasciando da parte quella zavorra che appesantisce o impedisce il cammino”.

Dal punto di vista della fede, ha notato un affievolimento o una crescita?
“È troppo breve il tempo per formulare anche solo un’opinione un po’ fondata. Certamente ci troviamo in un momento delicato, sia per la nostra Chiesa locale sia per la Chiesa tutta. Chiediamo al Signore il coraggio di percorrere nuove vie di evangelizzazione per far sì che ogni persona si lasci amare da Dio e così impari a sua volta ad amare gli altri”.

Pur in regime di ordinarietà, ha dovuto assumere anche decisioni di governo, come trasferimento di parroci e nomine di uffici curiali. Come si è mosso al riguardo?
“Con l’ascolto, a cominciare dal Collegio dei Consultori, l’organismo previsto dal Codice, che ha compiti importanti soprattutto nel periodo di attesa del Vescovo. Ma dico subito che il mio ascolto non si limita al Collegio dei Consultori. Ho ascoltato molti, dai Vicari foranei ad altri sacerdoti e anche alcuni fedeli laici. Posso assicurare che ascolto il più possibile, dedico tempo per questo. Non mi piace sentire una sola campana, preferisco sentire un concerto di campane”.  

Nelle sue omelie, sempre ricche di spunti spirituali, torna spesso il tema della “sequela”… anche nel suo stemma episcopale si fa riferimento al ‘mettersi in cammino per seguire le orme di Cristo’. Avverte poco ‘cristocentrismo’ nell’azione pastorale?
“Sì, avverto con preoccupazione una certa mancanza del ‘centro’ sia nella predicazione sia nell’azione pastorale: questo ‘centro’ è Gesù Cristo. Tutto ruota attorno alla sua persona, alla sua missione, al suo insegnamento, alle sue opere. Senza questo ‘centro’, si rischia di girare a vuoto. Purtroppo molti dicono di non avvertire più in noi la sapienza del Vangelo, altri dicono di non sentirsi accolti nel loro bisogno di una vita spirituale seria. Mi pongo questa domanda: cosa ci chiede il Signore attraverso queste osservazioni critiche di molte persone?”

Fin dal suo primo messaggio alla Diocesi, lei ha precisato che non le piace il termine ‘traghettatore’, ma ha insistito nel ricordarci che questo è un tempo di grazia sotto tutti i profili e che non deve essere vissuto come fase provvisoria…
“Lo ribadisco ancora una volta: nessun tempo è vuoto, nessuna esperienza è insignificante. L’oggi che viviamo è sempre l’oggi di Dio, l’oggi in cui Dio ci parla e ci interpella per manifestarci il suo amore e la sua grazia. È poco responsabile pensare di rinviare a un domani quel cambiamento del cuore che ci è chiesto oggi”.

Lei ha molto a cuore l’unità della Chiesa, in particolare del presbiterio per proporre così una pastorale credibile a tutto il popolo di Dio…
“Se apro il Vangelo trovo scritto: ‘Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri’. La comunione d’amore che lega il Figlio al Padre e agli uomini è al tempo stesso la sorgente e il modello della comunione fraterna, che deve unire i discepoli fra loro: ‘Amatevi gli uni gli altri, come io ho amato voi’. Questa vita di comunione con Dio e fra noi è la finalità dell’annuncio del Vangelo e della conversione del cuore: ‘Quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi’ (1 Gv 1,2). Insisto nel ricordare che la comunione con Dio e tra di noi è inseparabile. Se distruggo la comunione con Dio, distruggo anche la sorgente della comunione fra di noi. Se non vivo la comunione fra di noi, anche la comunione con Dio non è viva e vera. Auspico vivamente che il cammino sinodale possa aiutarci a vivere questa duplice comunione”.

Sappiamo che è venuto a trovarla un gruppo di pellegrini della sua diocesi di Piacenza; ha nostalgia della sua terra?
“È stato molto bello questo incontro per rinnovare l’amicizia, come pure per lo scambio tra due diocesi, anche se in forma limitata a causa delle restrizioni. Con questi amici che sono stati con me pellegrini in molti luoghi, ho visitato le cave di marmo e poi la città di Carrara, in particolare l’antico duomo, accolti molto bene dal parroco. Non parlerei di nostalgia, anche perché sono abituato al cambiamento. Parlerei piuttosto del desiderio di tener vive le buone relazioni con molte persone, tra cui in particolare con ammalati, con gruppi di famiglie e con sacerdoti”.

Per quanto riguarda la nomina del nuovo Vescovo, dobbiamo attendere tempi lunghi? Si vocifera almeno fino all’autunno…
“Non sono in grado di rispondere, non ho alcuna notizia in proposito”.

Renato Bruschi