Suor Maria Adorni, una vita accanto agli ultimi

Fivizzano ha ricordato la fondatrice delle Ancelle dell’Immacolata beatificata nel 2010

La cerimonia di beatificazione di Suor Maria Adorni a Parma nell’autunno del 2010

Molti sono gli scritti dedicati alla figura di Anna Maria Carlotta Emilia Adorni, famigliarmente chiamata Carolina, “modello tipico di una santità postconciliare, cioè aperta a tutti, perché ella è santa da ragazza, da fidanzata, da mamma, da vedova e, in fine, da consacrata”. Fivizzano, di cui “è e deve essere considerata onore e gloria civile, culturale e parrocchiale”, come ricorda il parroco don Bernardo Marovelli, le ha intitolato una strada nella zona nuova della città e una statua in stile naif “modellata” dallo sculture Marco Donati su un unico blocco di marmo del monte Sagro. Situata nel Belvedere, nei pressi della Porta di Sotto, dà il benvenuto e il saluto a braccia aperte, “simbolo di inesauribile bontà”, a quanti entrano in Fivizzano. Sulla mano destra sono scolpiti i simboli della sua fede, il Rosario ed il Crocifisso.
A dieci anni dalla Beatificazione, nel 2020, si sarebbero tenute numerose celebrazioni secondo un programma ben dettagliato predisposto da un Comitato di volontari appositamente costituito e presieduto dal compianto prof. Gino Chinca. La pandemia ha costretto a rinviarle a non si sa quando. Si sarebbero sicuramente vissuti momenti di grande spiritualità e occasioni di riflessione, ripercorrendo la parabola della sua vita, caratterizzata da una fede “monolitica” in Dio, sostegno della sua azione accanto ad ogni tipo di fragilità nel lungo periodo in cui dimorò a Parma, dove emigrò, per necessità, con la madre dopo la morte del padre. Aveva 15 anni. Sentiva forte la vocazione a farsi monaca, manifestatasi in lei già da bambina, quando a sette anni si era avviata con una amica, ma fermata dopo un breve tratto di strada, verso l’India, per convertire la sua popolazione. Rinunciò a questo suo desiderio per seguire i consigli della madre e del suo confessore, vedendo in essi la volontà di Dio, e si sposò con Domenico Botti, addetto alla casa ducale di Parma.
Era il 1826. Anna Maria aveva 21 anni, essendo nata a Fivizzano il 19 giugno 1805. Ebbe sei figli, ma di tutti, due ancora in fasce, visse il lutto della morte. Nel 1844 perse anche il marito. Cominciò allora a dedicarsi alle detenute, prendendo alla lettera le parole del Vangelo “Ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. Riuscì a coinvolgere anche donne della Parma bene” e fondò la “Pia unione” per l’assistenza a queste donne che vivevano in condizioni disumane e abbandonate da tutti, ma che per Anna Maria “erano belle creature, fatte a immagine del Creatore”, bisognose di riabilitazione materiale e spirituale. Creò anche il luogo di accoglienza delle ex detenute e delle bambine abbandonate, denominato “Buon Pastore”.
Il 1° maggio 1857 è la data di inizio della famiglia (erano in 8) religiosa delle Ancelle dell’Immacolata di Parma, congregazione approvata nel 1893, anno in cui il 7 febbraio si chiude la sua giornata terrena, nella piena fiducia nella vita eterna. Il 6 febbraio 1978 viene riconosciuta venerabile per l’eroicità delle sue virtù, preludio alla beatificazione, proclamata, essendo Papa Benedetto XVI, il 3 ottobre 2010, nella cattedrale di Parma.
Della vita e delle opere di Anna Maria Adorni (ricostruite anche dal libro di grande interesse e completezza di Fulvia Magnani di Rometta) hanno parlato nei giorni scorsi Suor Assunta Pedrinzani, Superiora Generale delle Ancelle dell’Immacolata di Parma; don Bernardo Marovelli, parroco della Prepositurale di Fivizzano, dove sono gelosamente custoditi l’atto di battesimo di Carolina e la reliquia (un frammento di costola), che viene esposta nelle grandi occasioni celebrative; Francesco Leonardi, responsabile della biblioteca “Gerini”, che ha letto, in chiusura del sesto incontro dei Giovedì culturali di Palazzo Fantoni, un passo del libro “Madre degli ultimi” di Augusto Luca, missionario, che evidenzia il contesto economico, sociale e religioso di Fivizzano e l’ambiente famigliare degli Adorni al tempo dei primi 15 anni di vita della beata, anni fondamentali per la sua educazione alla fede.
Dagli interventi dei relatori è emersa la figura di “una donna di immensa fede, fatta di contemplazione e preghiera, ma anche calata profondamente e assiduamente nella quotidianità, nelle periferie dello scarto, contraddistinta da una carità concreta senza limiti e dalla cura delle anime inferme”. Una donna controcorrente l’ha definita Ragna Eiselberger, a conclusione della serata. Sicuramente ci ha lasciato una grande eredità, oltre il suo esemplare insegnamento: le sue ancelle, che oggi operano in varie parti del mondo.

Andreino Fabiani