
Secondo i dati Istat, nel 2020 aumentati i disagi gravi e calo record dei consumi
Tutti i timori e le previsioni negative riguardo alla gravità della crisi economica che la pandemia avrebbe innescato hanno trovato una dolorosa conferma nei dati resi noti la settimana scorsa da Istat sulla condizione della povertà in Italia. Tra le tante divisioni già esistenti nel nostro Paese, ora si deve aggiungere quella – aggravatasi negli ultimi 12 mesi – tra reddito “garantito” (non si sa fino a quando) e scomparsa di un reddito sia pur minimo.
Un segnale già arriva dall’andamento dei consumi, diminuiti del 9,1% nel 2020 rispetto al 2019: un calo mai registrato nel passato. A questo si può aggiungere l’aumento del numero di persone che chiedono una qualche forma di aiuto alle varie associazioni assistenziali. I dati, come sempre, sono freddi ma non si può fare a meno di proporli perché siano ben compresi.
Nel 2020, le famiglie in povertà assoluta hanno superato i 2 milioni (il 7,7% del totale, da 6,4% del 2019, +335mila) per un numero complessivo di individui pari a circa 5,6 milioni (9,4% da 7,7%, ossia oltre 1 milione in più rispetto all’anno precedente). Si sta parlando di nuclei familiari che già vivevano sul confine tra redditi ridotti e situazione di povertà: ora, la crisi ha spostato queste persone nella “zona rossa” in modo deciso.
Per capirci meglio, povertà assoluta significa non essere in grado di godere di beni e servizi essenziali per una vita dignitosa, oggi, in Italia. Non si muore di fame ma si hanno grandi difficoltà a mettere insieme quanto serve per un pasto decente e per pagare le inevitabili utenze.
Con una logica che a prima vista potrebbe essere difficile da comprendere, l’incremento della povertà assoluta è maggiore nel Nord del Paese (218mila famiglie, cioè 7,6% da 5,8% del 2019; 720mila individui). Il Mezzogiorno, però, resta l’area dove la povertà assoluta è più elevata: il 9,3% delle famiglie contro il 5,5% del Centro.
Stando ai dati diffusi, a veder peggiorare la propria condizione sono soprattutto le famiglie con un maggior numero di componenti. Fino a quattro persone, l’incremento si mantiene sotto i due punti percentuali o poco più, mentre per quelle con almeno cinque persone peggiora di oltre quattro punti, passando dal 16,2% al 20,7%.
Questi numeri fanno piazza pulita di tutte le domande sul perché in Italia non si fanno più figli! Riduce il rischio di precipitare nella povertà assoluta la presenza in famiglia di anziani, spesso titolari di almeno un reddito da pensione, che garantisce entrate regolari: la percentuale, in tali casi, scende al 5,6% (ed è stabile rispetto al 2019), contro il 9,1% di quelle che ne sono prive (+2%).
Nel 2020, l’incidenza di povertà assoluta passa dal 4,9% al 6,0% tra le famiglie composte solamente da italiani. In maggiori difficoltà sono le famiglie con stranieri (crescono dal 22 al 25,7%), che tornano ai livelli del 2018. Tuttavia, tra il 2019 e il 2020 – rileva l’Istat – si riduce la quota di famiglie con stranieri sul totale delle famiglie povere, passando da oltre il 30% al 28,7% (più del 31% nel 2018).
“Questo seppur limitato cambiamento strutturale si può imputare al considerevole incremento di famiglie povere composte solamente da italiani, che rappresentano circa l’80% delle 335mila famiglie in più che si contano nel nostro Paese nel 2020”. Nonostante tutto, si può dire che le misure adottate dal precedente governo per dare aiuto a quanti hanno perso il lavoro, oppure si sono trovati con i redditi falcidiati, abbiano prodotto un qualche effetto, ma tra i tanti problemi che Draghi dovrà affrontare, quello della lotta alla povertà non sarà di certo tra gli ultimi.
Antonio Ricci