Le origini del toponimo in un luogo di confine fra i territori di Genova e di Firenze
Confini e controlli in un saggio sulla peste del 1720
La chiesa parrocchiale di Santa Maria Maddalena ad Adelano di Zeri (Foto Alberto Rubini)
Un saggio storico di recente pubblicato da Fr. Cristiano Venturi, custode dell’Eremo di Santa Maria Maddalena in Adelano (L’epidemia di Marsiglia del 1720, disponibile in forma integrale sul nostro sito internet www.ilcorriereapuano.it), offre una preziosa occasione per riflettere non solo su una delle ultime grandi pestilenze che colpì gran parte dell’Europa, ma anche per fare piena luce sull’origine di un toponimo così particolare del nostro territorio.
Il Passo del Rastrello, come noto unisce lo zerasco con l’alta Val di Vara: ma dove trae origine quella denominazione?
Non certo dalla pratica ben nota nel mondo rurale di utilizzare lo strumento omonimo, anche se lo stesso in qualche misura comunque c’entra eccome.
Il Passo del Rastrello così come noi lo conosciamo oggi ha una storia recente che inizia con l’apertura della strada carrozzabile interprovinciale grazie alla quale il valico divenne ben presto meta di un agevole e sempre più numeroso turismo montano.
Il passaggio per il Rastrello del Giro d’Italia il 27 maggio 1963 nella tappa Salsomaggiore – La Spezia sembra potersi assumere come la definitiva consacrazione del luogo: le foto di quel giorno ci mostrano centinaia, forse migliaia di persone assiepate sui prati tra decine e decine di automobili. Da lì a poco sul Rastrello comparve il primo edificio, il bar osteria Nadotti, che nel giro di una decina d’anni avrebbe visto crescere altre costruzioni e, soprattutto, il villaggio turistico costruito nel territorio comunale di Zeri a ridosso della collina alla sommità della quale, ancora altri anni dopo, sarebbe stato realizzato il Memoriale della Resistenza inaugurato il 30 giugno 1990 dall’allora presidente della Camera dei Deputati, on. Nilde Iotti. (Paolo Bissoli)
Il primo bar al Passo del Rastrello nei primi anni Settanta
L’ultima pestilenza che interessò in parte anche l’area nord-occidentale dell’Italia fu quella che ebbe inizio nel maggio 1720 a Marsiglia. In brevissimo tempo la piaga pestilenziale si diffuse in tutta la città. Per evitare la diffusione dell’epidemia nel resto del paese, il reggente, il duca d’Orléans Filippo II di Borbone, il 14 settembre ordinò il blocco della Provenza tra il mare, il Rodano e la Durance. Già il 15 luglio sia la Repubblica di Genova che il Granducato di Toscana, oltre il controllo dei confini e i regolamenti di sanità portuale, emanarono bando formale non solo per la città di Marsiglia, ma per tutta la Provenza e la Linguadoca.
In Toscana si resero nuovamente obbligatorie le “bollette di sanità”, veri e propri lasciapassare che venivano rilasciati dai deputati alla Sanità Pubblica del Granducato, a certificare che le persone, o anche le merci, provenivano da luoghi e case non interessate dai contagi. Tali patenti dovevano essere presentate alle guardie dislocate sul territorio, nei punti di snodo viario, sui passi montani o alle porte delle città. A servire ai posti di guardia sono chiamati gli abitanti abili delle diverse comunità rivierasche e anche delle valli montane più inaccessibili.
I posti di guardia potevano avere sistemazioni confortevoli e decorose in torri, porticati di palazzi patrizi, volte di case, magazzini presi in affitto o “casette in materia” – ovvero in muratura – appositamente costruite, ma più spesso le guardie dovevano accontentarsi di “casette di tavole” o “capanne di paglia”, quando non erano costretti a stare all’addiaccio al limitare dei “rastelli” posti ai valichi e ai passi o sulle principali vie di comunicazione. […] Due carte topografiche, conservate nell’Archivio di Stato di Genova, sono particolarmente significative per il tema trattato e testimoniano dell’applicazione delle norme di sanità anche nelle zone più periferiche ed impervie dell’Appennino. […]
Mucche al pascolo nei prati del Passo. Sullo sfondo il Villaggio Turistico in fase di completamento
La prima delle cartine menzionate, di autore ignoto, datata 1720, riguarda un’annosa questione di confine tra la Repubblica di Genova e il Granducato di Toscana. Nella didascalia il redattore annotò: “Cascina di paglia fatta da Sudditi della Toscana l’anno 1720 per servire di Corpo di Guardia in occasione del Contaggio di Marsiglia” e “Rastello fatto dai mede[si]mi per lo stesso motivo, che fu atterrato, come pure successivamente la Muraglia, che in vece di quello vi fabbricarono”. I due riferimenti, il provvisorio riparo del corpo di guardia e il “rastello” posto al confine dei due stati, sono le testimonianze documentali delle misure di contenimento messe in atto su una delle vie di comunicazione che usufruivano dei passi appenninici.
È noto che, fin dall’antichità, la piccola valle dell’Adelano, appendice dell’Alta Val di Vara, contornata da alti monti e picchi apenninici e sbarrata ad ovest dagli strapiombi delle “rocche bianche” del monte Penna, era di strategica importanza per il congiungersi di più confini (de confluènto) ed era attraversata da più di una via di comunicazione. Queste provenivano sia dai confinanti territori liguri, sia da quelli oltregiogo, piacentini e parmensi, come anche dal fondovalle della Magra. La via che, nel 1720, fu chiusa al passaggio di persone, merci e animali, fu quella che correva “inter homines de Pontremulo et Ianuensis”, la via che da Pontremoli saliva per la valle della Gordana.
Tifosi e appassionati di ciclismo al Passo del Rastrello per il passaggio del Giro d’Italia il 27 maggio 1963 nella tappa Salsomaggiore – La Spezia
Raggiungendo Zeri, attraverso “clausi” (chiosi) e foci, solcava la piccola Valle dell’Adelano, per proseguire nel suo tracciato principale, oltrepassando Orneto (primo avamposto genovese), i castelli di Chiusola e di Godano e la Pieve di Robiano, verso Sestri Levante. Di questa provvisoria limitazione, posta al margine della Costa detta dei Tosi, su un terreno disboscato ad uso agricolo denominato Spallone, sotto Costavara, ronco di proprietà di Guerisoli Marco quondam Gio.Battista, suddito della Repubblica di Genova e possidente, se ne trova ulteriore menzione nella seconda carta topografica, redatta questa nel 1721 dal Vinzoni, concernente l’ancora irrisolta controversia dei confini tra la Serenissima Repubblica di Genova e il Granducato di Toscana.
Fu proprio il cartografo Vinzoni a confermare il valore naturale di questo territorio e delle sue vie di comunicazione[…]. Nella dettagliata descrizione che correda il foglio 94 inerente la Valle di Adelano, egli annota: “Luogo preciso, ove dentro il confine di Genova palmi n.o trenta c.a furono piantati rastelli per la sanità dalli uomini di Zeri Sudditi di Toscana, stati atterrati da Sudditi di Genova li 15 settembre 1720; e poi successivamente eretta nello stesso luogo una macera, o sia muraglia dalli d.ti di Zeri, stata pure demolita da Sudditi di Genova il primo ottobre del d.to anno pros.mo pas.to 1720”.
Nel 1720 la peste di Marsiglia rappresentò per la Repubblica Marinara di Genova, da un lato una minaccia gravissima, dall’altro una ghiotta occasione per battere la concorrenza dei francesi, ma anche quella del confinante Ganducato di Toscana e, soprattutto, del vicino porto di Livorno[…]. Fu proprio nel 1720, in settembre, che una grida emanata dal Magistrato di Sanità genovese, sottolineò “quanto siano pericolose le spiagge della Toscana per essere […] disabitate et esposte, e difficilissime a guardarsi e perciò facilissime a potervi tentare e eseguire de’ sbarchi e furtivi ingressi, massime di persone procedenti da luoghi infetti o banditi”. […]
Si ritenne opportuno sospendere, insieme con la Repubblica di Lucca e il Ducato di Massa, “gli Stati del Granduca di Toscana”. Tra le consuete procedure messe in atto di presidio delle strade, dei “rastelli”, a imitazione di quanto fece il Duca di Savoia, si pensò anche di far piantare qualche patibolo vicino a questi per “metter terrore alle genti”. Se questo risulta efficace per le strade di maggior percorrenza, tuttavia appare quasi impossibile impedire i transiti abusivi di uomini e merci che si fanno “per strazetti [sentieri] e strade indirette nascostamente”, anche là dove si procede a “romper li passi a fine che tutti avessero a passare per strada maestra”, così da “impedire, col divino aiuto, che un sì pestifero veleno potesse penetrare nel Serenissimo Dominio” ergendosi la Repubblica ad “antemurale” nei confronti degli Stati confinanti.