
L’introduzione alla nuova enciclica di Papa Francesco

Il XIX secolo, con la fine dell’assolutismo, l’espansione del liberalismo e le costituzioni è stato il secolo delle libertà; il XX secolo, passando per la tragedia dei totalitarismi, è stato il secolo dell’uguaglianza, determinata dalla nascita dello stato sociale e dall’affermarsi dei diritti civili. Delle tre parole-motto della Rivoluzione francese, quindi, solo la fratellanza non ha trovato una precisa collocazione storica (e neppure giuridica): Papa Francesco sembra volerne fare la parola di questo secolo.
La sua nuova enciclica Fratelli tutti fa riferimento di nuovo – dopo la Laudato Si’ – a San Francesco: nel titolo, non in latino; nel luogo di presentazione, Assisi; nella scelta dei tempi, con la presentazione alla vigilia della solennità del Santo umbro. Segni con i quali il Papa “preso dalla fine del mondo” conferma uno stile pastorale connaturato al nome scelto al momento dell’elezione: la lingua volgare per rivolgersi a tutti gli uomini, l’uscita dalla sede apostolica per camminare assieme all’umanità intera, la riscoperta di una radicalità evangelica di cui San Francesco è stato testimone.
A partire dal prossimo numero, all’interno delle pagine ecclesiali, Il Corriere Apuano approfondirà i contenuti dell’enciclica Fratelli Tutti offrendo ogni settimana il commento ad un capitolo del documento, curato da presbiteri e laici della nostra diocesi.
Uno stile visibile fin dall’introduzione ai 287 paragrafi dell’enciclica, in cui il Papa assume come metro delle relazioni tra i cristiani, le altre religioni e il mondo secolarizzato lo stile della visita di Francesco al Sultano Malik-al-Kamil in Egitto: uno stile che – afferma il Papa – evita “ogni forma di aggressione o contesa” e fatto di “un’umile e fraterna ‘sottomissione’, pure nei confronti di coloro che non condividevano la loro fede”. Parole che non piaceranno a parte del mondo cattolico, all’interno del quale qualcuno ha subito definito l’enciclica “poco ecclesiale”.
In effetti il documento appare molto più sociologico che teologico, ma l’ambizione del Papa è di rivolgersi a tutti, non solo ai cristiani, per invitare ogni persona ad avere uno sguardo diverso sulla realtà. Non a caso, già nell’introduzione, il Vescovo di Roma esplicita che Francesco d’Assisi “non faceva la guerra dialettica imponendo dottrine, ma comunicava l’amore di Dio” suscitando “il sogno di una società fraterna (…) in quel mondo pieno di torri di guardia e di mura difensive”, dove “le città vivevano guerre sanguinose tra famiglie potenti, mentre crescevano le zone miserabili delle periferie escluse”: il ritratto del mondo di oggi nel quale il Papa chiede ai credenti di vivere consci di un pluralismo e una diversità frutto della volontà divina, sul quale costruire nuove relazioni umane e un nuovo ordine mondiale.
I cambiamenti d’epoca di cui Francesco parla da 5 anni si misurano in questa enciclica che sembra uscire dal canone di “enciclica sociale”, così come questo genere è stato conosciuto a partire dalla Rerum Novarum, per andare oltre una modernità fatta di consumismo e globalizzazione dei mercati, severamente analizzati nel primo capitolo, e aprire la strada di un’autentica fratellanza mondiale.
Una strada che il Papa apre dichiarando di essere stato stimolato nella stesura del documento dal Grande Imam Ahmad Al-Tayyeb, con il quale nel febbraio 2019 ha firmato ad Abu Dhabi il Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune: “Dio ha creato tutti gli esseri umani uguali nei diritti, nei doveri e nella dignità, e li ha chiamati a convivere come fratelli tra di loro”. Parole che stanno suscitando la reazione ostile di chi vorrebbe la Chiesa di Roma schierata in uno scontro culturale e religioso tra civiltà, ma ispirate dalla virtù teologale della speranza.
(Davide Tondani)