
Presentato a Lerici il libro di Paolo Lagazzi sul poeta scomparso nel 2007

Il 28 agosto, in piazza San Giorgio a Lerici è stato presentato in prima nazionale il libro Quella ricchezza detta povertà. I sentieri di Paolo Bertolani del critico letterario Paolo Lagazzi. Hanno dialogato con l’autore Manuel Cohen e Davide Rondoni. Ha introdotto la serata Lucilla Del Santo per l’Associazione Premio Lerici Pea, presente il sindaco Leonardo Paoletti. Nel 2007 all’interno del Premio di poesia Lerici Pea nacque il Premio Bertolani, dedicato alla poesia dialettale, che da 13anni omaggia Paolo Bertolani (1931-2007), figlio della Serra di Lerici, che in un’epigrafe inaugurata il 19 febbraio a San Terenzo, all’imbocco della Passeggiata dei poeti, è considerato “il miglior fabbro del parlar materno”.
Ora, in suo ricordo, è stato presentato a maggio 2020 il saggio critico di Lagazzi, Edizioni CartaCanta nella collana Bandiere, diretta dal notissimo poeta forlivese Davide Rondoni (che ha curato la prefazione) e da Arnaldo Colasanti. Paolo Lagazzi per i “Meridiani” Mondadori ha curato le opere di Attilio Bertolucci (1997), di Pietro Citati (2005) e di Maria Luisa Spaziani (2012).
Rondoni ha affermato: “È un ritratto sentito, da conoscente da parte di un critico di vaste letture e interessi, attento e severo, di certo tra i più autorevoli di questi decenni”. “La critica letteraria vera è simile all’amicizia; amicizia come atteggiamento, vicinanza, consonanza di spirito, perché l’amore è una forma di conoscenza”. “La cosa peggiore sarebbe considerare Bertolani marginale. Il dialetto non rappresenta la marginalità, bensì la lingua generativa, la lingua viva; non a caso Dante parlava dei “miei generanti”.
Ed ancora: “Il libro è un vivo mosaico di scritti attuali e dedicati nel passato e poi di incroci, di dediche commentate, di ricordi, di dialoghi. Un esempio mirabile di critica viva del contemporaneo”.
Manuel Cohen, citando Francesco Bruno, ha visto nel poeta della Serra il “vigile urbano”, non nel senso limitato del mestiere che svolgeva: Bertolani è stato “Vigile” perché sempre ha vigilato sulla sopravvivenza dei valori etici essenziali; è stato “Urbano” perché era gentile nel modo di leggere il mondo, la natura. Cohen su Lagazzi: “La sua è una critica vera e sincera, che vive nell’empatia e nella simpatia. Lui è un critico amico, non nel senso di complice ma che si mette in gioco. Non scrive parole ridondanti.”

Lagazzi ha concepito il testo a Roma nell’agosto dello scorso anno; il volume è un “ritratto di Paolo come scrittore e come uomo”, i nuclei fondanti sono le “vertigini”, ovvero l’ “amicizia” e la “povertà”. “L’amicizia – ha affermato Lagazzi citando Emerson, esponente del trascendentalismo – è una comunità di solitudini che ci mette in comune con qualcuno a cui vogliamo bene, è la gratuità della condivisione; è la pausa tra la luce e l’ombra; è anche il coraggio di chiedere. L’amicizia si compie con la poesia, che ci insegna in reciprocità l’eterno movimento del tutto, della realtà e dei sogni. Avvicinarsi a Paolo Bertolani significa avvicinarsi alla vita. Ma il movimento che è ricchezza cova la povertà”, la quale in Bertolani è “grandezza del sentimento evangelico, assimilabile alla mitezza, riconosciuta dalla sacralità del mondo.
La povertà francescana degli elementi primi richiama il carattere primitivo dell’universo. Nella poesia di Bertolani le piccole cose (un sasso, un uccello, un bacio, una stretta di mano …) hanno il seme dell’infinito. Una lingua semplice, ruvida, di erbe, di pelle screpolata. Paolo Bertolani si avvicina molto alla poesia giapponese, alla leggerezza ed alla delicatezza. Non la leggerezza di Calvino perché in Calvino c’è la mente,in Bertolani c’è l’anima, c’è la leggerezza di Simone Weil.”
In chiusura Lagazzi ha letto alcune poesie di Bertolani, interpretate in dialetto serrese da Cecilia, figlia del poeta.
Marco Angella