Karol Wojtyla, “Sono venuto di lontano…”

Il 18 maggio di cento anni fa nasceva San Giovanni Paolo II

Papa Giovanni Paolo II (1920 - 2005)
Papa Giovanni Paolo II (1920 – 2005)

A Wadowice, piccolo borgo non lontano da Cracovia, in Polonia, martedì 18 maggio 1920, nel libro dei nati della parrocchia, il prete registrava, alla pagina 549 dell’archivio, la prima tappa di una straordinaria “carriera”: Karol Józef Wojtyla. Il padre Karolus, militare in pensione per motivi di salute, la madre Emilia ed il fratello maggiore Edmund (che morirà molto giovane) ed il neonato vivevano in una casa modesta, con le nuvole della guerra che si addensavano nel cielo.
Purtroppo la mamma lascia la vita terrena molto presto. Una tragedia che segnerà per sempre la sensibilità di Karol, soprannominato “Lorek” dagli amici. Allevato nel culto della religione cattolica, già in giovanissima età risultavano evidenti le doti che lo consacreranno, da adulto, uomo di studio e di ricerca.
A forgiare il suo pensiero fu il ginnasio. Un istituto di alto livello che lo fece appassionare anche allo sport e al teatro. Nel 1938 si trasferisce col padre a Cracovia per iscriversi all’Università Jagellonica. Qui conosce il lavoro dell’operaio mentre la Polonia veniva invasa dalle milizie di Hitler.
Ordinato sacerdote nel 1946, la sua vita avrà una svolta decisiva, “sbarca” a Roma nell’autunno dello stesso anno per completare la preparazione teologica. Consacrato vescovo ausiliare a soli 38 anni di Wyszynski, arcivescovo di Cracovia, diventerà cardinale il 26 giugno 1967 sotto il pontificato di Paolo VI. Ed è il 16 ottobre 1978 quando, ad appena 58 anni, viene eletto Papa scegliendo il nome di Giovanni Paolo II.
Indimenticabili le sue prime parole (subito dopo “l’habemus Papam!”) “Se mi sbaglio nella vostra bella lingua, nella nostra lingua italiana, mi corrigerete” mentre la folla si scioglieva in un applauso che pareva non finire.
Da subito dimostra che i Palazzi vaticani gli stanno stretti e tiene con polso il governo della Chiesa, ma si annoia a firmare carte. La passione per il Vangelo, in 250 viaggi, lo porta a toccare ogni angolo del mondo, davvero il più grande viaggiatore della storia.
20Giovanni_PaoloIIaHa fatto cadere il muro di Berlino e i regimi comunisti dell’Europa orientale. Ha dato origine alle “Giornate della gioventù” spronando i giovani che lo seguivano ovunque con una frase storica “Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo. Solo Lui sa cosa è dentro l’uomo”.
Il fallito attentato di Alì Agca in piazza S. Pietro il 13 maggio 1981 (incontrato poi in carcere e perdonato) lo convinsero di essere sotto la protezione di Maria. Il motto scelto per lo stemma episcopale era infatti “Totus tuus”.
Ha incontrato capi di Stato, stretto mani, baciato il suolo quando atterrava, ha aperto il dialogo con le altre religioni, ha voluto il Giubileo del 2000, è stato penitente, capace di sorprendenti “Mea culpa” per gli errori della Chiesa. Ha tolto molte “ragnatele” dal Vaticano: via la sedia gestatoria (meglio le scarpe da tennis e gli sci); meglio “l’io” (inaugurato da Papa Luciani) al “noi” del plurale maiestatis.
20Giovanni_PaoloIIHa calpestato la terra dei miseri, dei crocifissi sulle strade terrene, quella dei templi, di Gesù, di Cuba, ma anche i palcoscenici dei concerti rock, le vette innevate, i tasti della navigazione internettiana. Ha svecchiato lo stile delle più tradizionali delle Istituzioni rinnovando la forma perché, quanto alla sostanza, doveva solo riconfermare che ogni regola restava com’era.
Non bisognava attendersi preti sposati, tolleranza sull’uso dei metodi contraccettivi, nel dilagare dell’Aids, sull’aborto, sulle unioni omosessuali nella convinzione che la religione non si risolve nel farsi più laica. Per questo gli è stato rimproverato di essere stato un finto innovatore, anzi di essere rimasto un vero conservatore.
Sfinito dalla sofferenza il Signore l’ha chiamato a Sé il 2 aprile 2005. I funerali, celebrati da Joseph Ratzinger, hanno radunato l’8 aprile in piazza S. Pietro le massime autorità del pianeta. Un vento leggero sfogliava le pagine del Vangelo, posto sulla modesta bara, mentre il celebrante diceva “Adesso il nostro Papa, dalla finestra della Casa del Padre, ci vede e ci benedice”.
La grandezza di Wojtyla non è in quel che ha fatto (tantissimo); in come l’ha fatto (il suo profondo senso della missione ha resistito alle pallottole, alle malattie gravi, ha sfidato equilibri di enormi poteri consolidati); no, la grandezza di questo Papa è nell’aver progettato il dopo Wojtyla offrendo alla sua e nostra Chiesa un futuro. Un altro millennio con il centro spostato dall’Europa all’Africa, al Sud America. Perché Cristo non si è fermato solo a Eboli.

Ivana Fornesi