Nell’alta valle del Taverone un paese di pietra dalle sculture eleganti, abbarbicato alle pendici dei “Groppi” omonimi: terre alte, difficili, da dove spesso la scelta è stata quella di partire
I “Groppi” di Camporaghena chiudono la valle del Taverone unendo due cime appenniniche ben note agli escursionisti: il monte Alto e il Buffanaro, entrambi attorno ai 1.900 metri di altezza. Non a caso il paese con i suoi 842 metri slm è secondo solo a Torsana (936) nella gara ad alta quota tra i centri abitati del territorio comunale di Comano.
A Camporaghena ormai vivono solo poche persone, ma nei secoli passati questo era un centro densamente abitato, nonostante condizioni di vita difficili e un’economia legata all’allevamento del bestiame e alla trasformazione dei prodotti del bosco e dell’alpeggio. Già alla fine del Settecento qui vivevano quasi duecento persone che poco più di un secolo dopo erano triplicate.
Immerso in un contesto ambientale di grande suggestione, Camporaghena è oggi uno dei pochi centri abitati della Lunigiana all’interno dei confini del Parco Nazionale dell’Appennino e offre al visitatore interessanti possibilità di escursioni sia nei dintorni che verso il crinale, raggiungibile con gli antichi sentieri battuti per secoli dai pastori locali, impegnati nel pascolo di centinaia e centinaia di capi di ovini e bovini.
Questo era uno dei paesi della transumanza che in inverno vedeva la migrazione dei capi verso i pascoli di una pianura sempre più lontana: non a caso ancora oggi sono molti i cognomi che tradiscono un’origine di Camporaghena e dintorni che si possono trovare in Maremma o in altre aree di antico pascolo della Toscana centro meridionale.
Anche da Camporaghena le partenze non sono state solo stagionali, al seguito del bestiame o per i lavori di agricoltura nelle aree più fertili o nei cantieri della Corsica. Troppe le bocche da sfamare e le braccia da lavoro per poter contare sulle poche risorse locali; così le strade dell’emigrazione hanno condotto sempre più lontano, oltre l’oceano, rendendo i ritorni sempre più rari.
Il sacrificio di don Lino Baldini
La lapide, murata su un edificio di Camporaghena, ricorda l’uccisione del parroco don Lino Baldini il 4 luglio 1944 durante il terribile rastrellamento messo in atto da reparti tedeschi e fascisti nel versante nord orientale della Lunigiana.
Accusato di collaborare con i partigiani e di non aver voluto rivelare dove si fossero rifugiati i parrocchiani, don Lino venne fucilato.
Quel giorno in paese furono uccisi anche tre civili.
Ancora oggi, dopo tanti decenni, ogni angolo del paese ci svela la maestria degli scalpellini di Camporaghena e di Comano in generale. Una grande capacità che alcuni di loro avevano trasformato in un’arte al servizio della committenza locale più agiata. Il paese offre fontane, portali e architetture che rendono ricche anche quelle che a noi possono apparire modeste costruzioni, ma che rappresentano un vero e proprio unicum di questo angolo di Lunigiana.
Per non parlare dei particolari: stemmi, simboli religiosi o devozionali, motivi floreali, il tutto inciso nella pietra macigno dell’Appennino. Soprattutto tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo, come testimoniano le date incise da artisti sconosciuti: quella deve essere stata una stagione di grande sviluppo economico per il territorio vista la trasformazione urbanistica del borgo.
Una maestria nella lavorazione della pietra che ben si manifesta nella ricchissima decorazione della piccola maestà che si incontra al centro del paese, nei pressi della fontana. Un’ampia varietà di motivi, anche inconsueti, che sembrano lontani dalla tradizione e dall’iconografia locale e che rimandano a figure lontane, dai tratti più tipici dell’America latina, dove forse l’autore era emigrato alla ricerca di lavoro e che, al ritorno, aveva deciso di inserire nelle sue creazioni.
(Paolo Bissoli)