
Il grande disegnatore Albert Uderzo aveva ideato il fumetto con René Goscinny. Un successo planetario

Nonostante avesse smesso da una decina d’anni di disegnare le vignette degli irriducibili galli Asterix e Obelix, la morte di Albert Uderzo – a 92 anni per crisi cardiaca, come specificato dalla famiglia – ha fatto il giro del mondo perché su tutto il pianeta, nel corso di una sessantina di anni, è dilagata la fama di quel fortunato fumetto. Quella che si è imposta come una delle idee più riuscite e fortunate a livello internazionale – la vendita del marchio alla casa editrice Hachette nei primi anni di questo secolo si è realizzata sulla base di svariati milioni di euro – era nata nel 1959 dai cervelli del disegnatore di origini italiane e del suo amico e sodale René Goscinny, decisi a individuare un soggetto capace di conquistare il pubblico giovanile e non solo.
Dopo aver vagliato diverse opzioni, la scelta cade sul periodo storico dei Galli e da lì parte l’avventura di Asterix il Gallico (questo il titolo del primo racconto pubblicato nello stesso anno sulla rivista Pilote). Attorno al piccoletto che, a prima vista, tutto appare tranne che un eroe – trae la sua forza da una pozione fornitagli dal druido Panoramix – prende forma un piccolo mondo nel definire il quale Uderzo può dare sfogo a tutta la sua creatività. È il villaggio armoricano (che si oppone alla conquista romana), nel quale vivono personaggi che, attraverso tormentoni comici e baruffe nelle quali intervengono anche le mogli, rendono le avventure quanto mai spassose.
Tra tutti, emerge l’amico Obelix, gigante ingenuo, portatore di menhir, dotato di una forza sovrumana che gli deriva dall’essere caduto, da piccolo, nella pentola della pozione (per questo motivo, con suo grande, risentito disappunto, non può più assumerne). Ed è nelle scazzottate (veramente tante), che emerge il dinamismo del disegno di Uderzo, con i poveri legionari che volano in aria lasciando sul terreno i calzari! Se alla base del fumetto c’è senz’altro l’idea di mettere in luce una certa superiorità dei Galli-Francesi nei confronti degli altri popoli e in particolare dei Romani, è anche vero che non vengono risparmiate nemmeno le manie transalpine. Nell’edizione in lingua originale Goscinny si diverte ad utilizzare giochi di parole che rivelano una fantasia almeno pari a quella del collega disegnatore.
Un dato di fatto, questo, capace di creare non poche difficoltà per le traduzioni. In Italia, dove Asterix è stato diffuso da Mondadori, il problema è stato superato con l’affidamento del compito a umoristi di grande qualità. Su tutti Marcello Marchesi, che fa parlare i legionari in romanesco e che traduce il giudizio spesso ripetuto da Obelix: “Sont fous ces Romains” con un “Sono Pazzi Questi Romani” che rende in tono comico l’aulico “S.P.Q.R.”.
Sono tanti i fatti storici rivisitati dal duo (così come gli eventi moderni portati indietro nel tempo) e pure i personaggi con i quali il piccoletto e il grassone si trovano ad interloquire: tra tutti ci piace ricordare Cleopatra, la bella regina che fa sognare ad occhi aperti anche Asterix; di solito inattaccabile dal fascino femminile, non può fare a meno di riconoscere: “Non c’è che dire. Ha proprio un gran bel nasino”.
(a.r.)