Calcio: l’emergenza Coronavirus rischia di creare i presupposti per una nuova emergenza sociale

La nostra riflessione sulle incertezze economiche che pesano sulle Società dilettantistiche locali dovrà trovare nel breve delle risposte da parte di chi è al vertice del sistema organizzativo del calcio minore perché non sono soltanto in discussione i risultati di una stagione, ma le prospettive di un intero settore che, se non supportato, potrebbe soccombere  di fronte al peso di impegni assunti e non rispettabili. Il problema, quindi, prima che sportivo è sociale e come tale va affrontato rapidamente prima che i danni derivati compromettano pesantemente la situazione.

L’Atletico Podenzana, la squadra vincendo la finale play off contro il Mulazzo conquista la promozione in Seconda Categoria
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Avere tentato di riflettere sulle possibili ricadute dell’emergenza sanitaria che stiamo vivendo in relazione al futuro dell’attività sportiva territoriale ha aperto la visuale su una specie di enorme palcoscenico sul quale si vanno dibattendo una marea di protagonisti, senza che nessuna sappia quale debba essere la parte che gli è riservata. In realtà, quel problema che istintivamente abbiamo analizzato in riferimento alle società calcistiche che operano nel nostro contesto locale trova riscontri specifici di ben altra dimensione nell’intero panorama ragionale, perché nei fatti quello che sta succedendo a noi, ovvero ad una delle più piccole realtà amministrative della Toscana, sta avvenendo in maniera ben più macroscopica anche altrove, dove la ricaduta ha riflessi ben più pesanti, però sia chiaro con gli stessi effetti nel sociale. Ora, più che mai, stiamo avvertendo i rischi enormi che sono sottintesi agli effetti che la crisi che stiamo vivendo potrebbe provocare. La questione, nella sua sostanza, ora come ora, coinvolge il non semplice problema di dare delle risposte a chi chiede che fine faranno i campionati che sono stati avviati, quale la sorte dei tornei giovanili, in che modo si daranno risposte ai riscontri ottenuti fino al momento dell’interruzione dell’attività sui campi di calcio, insomma che fine faremo e cosa raccoglieremo dalla stagione in atto. Ovvero, la prospettiva di ripartire è plausibile, oppure conviene mettersi l’animo in pace e pensare al futuro. Un problema non da poco, ma soprattutto importante perché le implicanze delle scelte che saranno attuate sono le più diverse. quindi, da non trascurare affatto perché quanto sarà messo in piedi riguarderà tante Società sportive che non hanno niente di diverso dalle Società dei settori produttivi, con la differenza fondamentale che, a livello organizzativo, fanno usualmente riferimento al volontariato e riservano la quasi totalità delle loro risorse proprio all’allestimento delle squadre con le quali cercano di costruire la sostanza dei loro obiettivi di fondo. In concreto, sono veri e propri istituti legali, con tanto di bilanci regolarmente stilati ed approvati di cui chi è al vertice deve rispondere in solido, anche a titolo personale se necessario perché tanto esige non solo la legge ma la deontologia. Ebbene, le oltre cinquecento Società calcistiche del settore dilettantistico toscano, assieme alle loro consorelle a livello nazionale, non sembrano essere entrate nell’ottica di nessuno dei provvedimenti che sono stati presi per salvaguardare il futuro economico del nostro paese e neppure si ha sentore di un dibattito aperto sui loro problemi che tenga conto della effettiva ricaduta nel sociale nel caso in cui la loro attività venga in qualche modo compromessa o comunque limitata. E’ chiaro che, in questo senso, non parliamo dell’effetto del solo riscontro domenicale, ovvero di quanto succede sui campi di calcio, ma della effettiva incidenza che ogni singola Società viene ad avere nel contesto sociale nel quale interagisce e non solo in termini di posti di lavoro ed annessi ma proprio come ricaduta formativa ed educativa soprattutto per le generazioni più giovani. Non riusciamo a fare mente locale su quello che potrebbe succedere effettivamente qualora non si intervenisse a supporto delle esigenze economiche che le singole Società, ovviamente in rapporto alla collocazione nei diversi campionati, stanno incontrando. Il quadro che emerge non è dissimile da quello ipotizzato per la Provincia di Massa Carrara, semmai, proprio in considerazione delle dimensioni demografiche, si ingigantisce e rischia di assumere, come detto da più parti per altri settori, l’effetto di uno tsunami capace di provocare una marea di vittime molte delle quali rischiano di non essere più ritrovate. La preoccupazione è proprio questa. Un quadro non gestito adeguatamente della situazione potrebbe comportare il fallimento di un numero imprecisato di Società, cosa per altro già abbastanza consueta negli ultimi anni, in cui le fusioni sono state decisamente numerose, a dimostrazione delle difficoltà gestionali che la partecipazione ai diversi tornei viene a rappresentare in relazione alle possibilità economiche del territorio. Un processo di sospensione o di interruzione dell’attività che si protraesse per un tempo non precisato comporterebbe non solo il probabile abbandono da parte degli sponsor di riferimento, ma non interromperebbe di certo la situazione contrattuale soprattutto con gli allenatori, né ridurrebbe gli oneri consueti collegati alla gestione degli impianti sportivi, mentre priverebbe soprattutto le Società che gestiscono anche il settore giovanile di un gettito importante come quello derivante dal versamento delle quote di competenza delle famiglie per la formazione e la preparazione dei figli. E’, quindi, evidente che la prospettiva immediata deve portare all’assunzione di iniziative mirate a salvaguardare la sopravvivenza delle società maggiormente impegnate proprio nella gestione del settore giovanile, oltre che a imporre in sede normativa, come per altro sembra stia avvenendo anche per il settore professionistico, una drastica riduzione dei compensi sia per gli allenatori e gli staff collegati, sia per i giocatori, senza però che l’intervento interrompa per un tempo determinato il rapporto di, lavoro comunque sottoscritto, lasciando ovviamente che siano gli organismi territoriali e nazionali a provvedere con risorse proprie a tutelare gli interessi di sussistenza dei propri tesserati, magari con la promozione di una apposita cassa integrazione in deroga riservata proprio al settore sportivo, ma solo laddove gli emolumenti previsti siano condizione essenziale per vivere decentemente. Cosa quindi che resta del tutto estranea al mondo del professionismo dove comunque gli stipendi, anche se ampiamente decurtati, restano decisamente superiori a qualsiasi pretesa possibile in qualsiasi altro settore lavorativo normale. Così come riteniamo che anche i Comuni debbano assumersi tutte le loro responsabilità rivedendo i rapporti economici con le Società sportive per la gestione degli impianti, cosa che, almeno al momento, nella maggior parte dei casi, va a pesare proprio sulle Società, talora in maniera corposa, tale spesso da compromettere anche ipotesi di crescita proprio per la mancanza di risorse che anche nel calcio minore sono fondamentali per creare formazioni di qualità adeguata alle ambizioni possibili, la cui ricaduta spesso torna a tutto vantaggio proprio della realtà comunale. Insomma, una situazione veramente complicata la cui mancata soluzione potrebbe avere, come si diceva una ricaduta negativa soprattutto nel sociale in quanto, fino a prova contraria, proprio il calcio resta, oltre la scuola, il riferimento più naturale per l’avviamento delle giovani generazioni alle attività sportive, senza dimenticare comunque che anche gli altri sport non possono essere trascurati sempre nell’interesse comune che assume una valenza ancora superiore nelle realtà marginali dove spesso mancano altri riferimenti di aggregazione e di condivisione che solo l’attività sportiva, qualunque essa sia, riesce a garantire.

Luciano Bertocchi