Quando De Gasperi difese la laicità della politica

L’opposizione dello statista alla proposta di accordo dei cattolici con monarchici e nostalgici del fascismo

Alcide_de_GasperiIn vista delle elezioni amministrative per il comune di Roma che si sarebbero svolte il 1952, negli ambienti vaticani era prevalsa l’idea di ostacolare la vittoria dei partiti di sinistra favorendo la costituzione di una lista civica capeggiata da don Luigi Sturzo e sostenuta da un’alleanza con i monarchici e le destre nostalgiche del regime fascista. De Gasperi, che nonostante il trionfo del 1948 non godeva di grande stima negli ambienti della curia romana – l’accusa mossa allo statista trentino era lo scarso impegno nella lotta al comunismo -, si disse subito contrario a quella soluzione che, a suo modo di vedere, avrebbe portato ad una spaccatura della Democrazia Cristiana.
Nonostante diversi interventi di influenti esponenti del clero (tra gli altri il noto predicatore dell’epoca, padre Riccardo Lombardi), il capo del governo in carica, pur cattolico e fedele alla gerarchia, si mantenne fermo nella convinzione che le sinistre potessero essere bloccate solo da un voto compatto dei cattolici e dei moderati in favore della DC. La storia gli diede poi ragione: quella che era stata definita “operazione Sturzo” fu abbandonata e dalle votazioni, che si svolsero alla fine di maggio del 1952, uscì vincente la coalizione di centro guidata dal partito dei cattolici.
La lungimiranza politica dimostrata in quell’occasione, però, non portò fortuna a De Gasperi, che pagò con una specie di ostracismo dalle stanze dei palazzi di Oltre Tevere la sua coerenza di cristiano che credeva nella laicità della politica. De Gasperi ebbe modo di toccare con mano la sua caduta in disgrazia qualche tempo dopo, quando ricevette risposta negativa alla domanda di un’udienza papale per sé e per la famiglia, in occasione del trentesimo del suo matrimonio e dei voti perpetui della figlia Lucia.
Come credente visse tale rifiuto come un’umiliazione; in quanto presidente del Consiglio italiano, espresse all’ ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede il suo “stupore per un rifiuto così eccezionale”, tanto da riservarsi di chiedere un chiarimento; un passo che non fu mai compiuto. Ci fu un ulteriore tentativo, da parte del Vaticano, di giungere a un superamento della difficile situazione venutasi a creare dopo tali fatti.
Nel mese di agosto, mons. Pietro Pavan, inviato del Papa, incontrò De Gasperi, in vacanza in Valsugana, per cercare un punto di avvicinamento e giunse a proporgli un incontro con Pio XII, ma il presidente del Consiglio non accettò di correre il rischio di un nuovo rifiuto. Andrea Riccardi, nel suo libro “Pio XII e Alcide De Gasperi – Una storia segreta”, riferisce il pro memoria ritrovato tra i documenti del prelato. Richiesto di quale atteggiamento terrebbe in caso di incontro, De Gasperi risponde che esporrebbe al Papa la sua tesi, dopo di che, “se il Santo Padre decide diversamente, in tal caso mi ritirerei dalla vita politica. Sono cristiano, sono sul finire dei miei giorni e non sarà mai che agisca contro la volontà espressa del Santo Padre”. E aggiunge: “Mi ritirerei dalla vita politica, non potendo svolgere un’azione politica in coscienza ritenuta svantaggiosa alla Patria e alla stessa Chiesa. In tal caso altri mi sostituirà”.

Antonio Ricci

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