
Attesa e partecipazione per uno degli appuntamenti, che abbraccia fede e tradizione, da parte delle comunità vichese e filattierese: la festa di Sant’ Antonio Abate. Il patriarca vissuto tra il secondo e terzo secolo, appartenente ai Cernobiti, ossia i religiosi che scelgono vita comunitaria, fino ad allora, la vita monastica era soltanto eremitica. Il Santo egiziano combattè l’eresia ariana, ad Alessandria, venendo poi riconosciuto come protettore delle malattie infettive, sia per gli uomini che per gli animali.
L’iconografia tradizionale lo raffigura vegliardo con la barba, con tanto di bastone ricurvo da pellegrino, ai piedi un maialino. Un Santo venerato nelle nostre campagne quando l’allevamento del bestiame era fondamentale fonte di sussistenza per le famiglie patriarcali. La sua immagine non mancava nelle stalle, con davanti un baluginante lumino, dalla luce opaca in quanto avvolta da polvere e ragnatele.
Domenica, 19 gennaio, la Santa Messa delle ore 10,15, nella chiesa di Santa Maria Assunta di Vico, è stata celebrata dal parroco don Angelo Boattin. Dopo la proclamazione della Parola, don Angelo si è soffermato sulle tematiche liturgiche che aprono il Tempo Ordinario, il tempo della Chiesa e della riflessione pacata sui misteri di Cristo. “Gesù, dopo il Natale, l’Epifania, il Battesimo nel Giordano, ha detto il celebrante, si manifesta come Agnello di Dio, inviato dal Padre per portare grazia e pace. In Lui hanno compimento le attese di redenzione e di riscatto per l’umanità. Sant’Antonio ci induce a guardare dentro di noi, a fare silenzio per meglio interiorizzare le meraviglie del Signore e vivere alla Sua sequela”.
Il bel tempo ha permesso la processione per le vie del paese. Toccante il tintinnio del campanellino, posto alla sommità del bastone del Santo. Quasi un nostalgico ritorno agli anni in cui mandrie e greggi riempivano il paese “ ad sonori scampanar”. Come sempre il Coro parrocchiale ha dato il suo prezioso aiuto, solennizzando il sacro rito.
A Filattiera invece tutto si svolge la sera del 16 gennaio, vigilia della festa. Seguendo la tradizione degli avi si accende, alla Porta superiore del centro storico, un grande falò, preparato ad arte da tanti appassionati volontari, benedetto da mons. Antonio, dopo la celebrazione della Santa Messa, nella chiesa di Santa Maria. Dal fuoco qualcuno prende ancora un tizzone, come facevano i vecchi, per portarlo a casa. Al tempo in cui le stalle erano tante era il segno della benedizione, invocata per intercessione del Patrono degli animali, Sant’Antonio Abate.
Grande falò anche in località Sant’Antonio, presso la Maestà dedicata al Santo egiziano. Un lavoro svolto in sinergia per innalzare la pira che, quest’anno, è bruciata in modo mirabile. Dopo la benedizione, le scintille sembravano voler abbracciare il cielo ricordando , ai tanti presenti, la vera, intramontabile Luce: Gesù.
Ivana Fornesi