A Piazza Fontana il primo atto del terrorismo nero

 Il 12 dicembre 1969 la strage a Milano: si voleva uno sbocco autoritario ma la repubblica fu più forte

Milano, 15 dicembre 1969. La folla in piazza Duomo per i funerali delle vittime della strage di Piazza Fontana
Milano, 15 dicembre 1969. La folla in piazza Duomo per i funerali delle vittime della strage di Piazza Fontana

Il prossimo 12 dicembre, a 50 anni dal criminale evento, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella sarà a Milano, per onorare le 17 vittime e gli oltre cento feriti della strage alla Banca Nazionale dell’Agricoltura in piazza Fontana e per non abbandonare la ricerca di una limpida e definitiva verità storica su esecutori e mandanti; i cittadini italiani ne hanno diritto dopo depistaggi, omertà, misteri e una moltiplicazione di processi.
Storici e giornalisti hanno fornito studi che aiutano a delineare gli anni complessi e conflittuali alla fine degli anni Sessanta in cui maturò l’attentato terroristico: il grande slancio produttivo del ”miracolo economico” si stava esaurendo e sempre più si deteriorava un nuovo impegno riformatore avviato nel 1962 col primo governo di centro-sinistra; le legislature si succedevano precarie, di breve durata, limitata era la capacità operativa del Parlamento, la solita burocrazia scarsa in produttività, professionalità ed efficienza, corruzione, criminalità sempre più invasiva e organizzata, cresceva il disagio morale di fronte a scandali di concessione di favori a gruppi di potere in cambio di finanziamento dei partiti.
Non era ancora maturata la possibilità di alternativa di un governo col PCI, il partito aveva avviato una revisione ideologica che tuttavia non gli consentiva di passare a forza di governo, tenendo conto anche del contesto internazionale della “guerra fredda”. Scoppia poi la contestazione globale degli studenti nel 1968 e l’ondata di scioperi degli operai dell’autunno caldo. In questo difficile quadro il MSI e le forze più conservatrici, compresa parte della destra DC, chiedono un “governo forte” e gridano al pericolo rivoluzionario dopo le aperture alle forze della sinistra da parte delle correnti progressiste della DC.

L'interno della Banca dell'Agricoltura in piazza Fontana a Milano dopo l'attentato
L’interno della Banca dell’Agricoltura in piazza Fontana a Milano dopo l’attentato

Cominciano le “trame nere”eversive che vogliono creare disordine e paura e far crollare l’Italia democratica con l’appoggio mascherato di ambienti di vario tipo, anche “con accordi collusivi con apparati istituzionali”, che erano i servizi segreti dello Stato, deviati dal loro compito, come accertò poi la Commissione stragi. La bomba fatta esplodere intorno alle 16,30 colpì coltivatori diretti e imprenditori agricoli convenuti in chiusura del mercato settimanale. In quello stesso pomeriggio ci furono gli attentati alla Banca Commerciale in piazza della Scala, a Roma in una agenzia della BNL, due esplosioni all’Altare della Patria; sono meno ricordati perché non ci furono morti, solo qualche ferito e danno alle cose.
Cominciava la “strategia della tensione” finalizzata a uno sbocco autoritario, messa in atto dalle forze più reazionarie della destra per fare contenimento dei mutamenti prodotti dai movimenti di protesta. Non mancarono coperture e sostegni dai regimi autoritari di Grecia, Spagna e Portogallo. L’Italia era l’unica democrazia nell’Europa mediterranea e fu aggredita da trame oscure con l’intento di distruggerla.

La lapide che ricorda i morti nella strage collocata sull’edificio che ospitava la filiale della Banca dell’Agricoltura a dieci anni dall’esplosione della bomba.
La lapide che ricorda i morti nella strage collocata sull’edificio che ospitava la filiale della Banca dell’Agricoltura a dieci anni dall’esplosione della bomba.

I cittadini italiani e i giornali di sinistra a larghissima maggioranza seppero individuare nell’estrema destra fascista la responsabile politica dell’attentato e denunciarono il suo depistaggio delle indagini verso la pista anarchica. Dopo pochissimi giorni furono arrestati gli anarchici Giuseppe Pinelli e Pietro Valpreda. Il ferroviere Pinelli, staffetta partigiana, pacifista, insegnava a pensare, a non accettare passivamente le verità ufficiali, ad essere critici e capaci di indignarci, così lo conosciamo nel libro della moglie Licia “Una storia quasi soltanto mia” edito da Feltrinelli: “altri” entrarono nella sua storia col fermo illegale del marito che quando nella notte stava subendo interrogatorio “precipitò” dalla finestra del quarto piano della Questura. Fu un incidente, un suicidio o un assassinio? Rimane uno dei tanti misteri italiani.
Valpreda militante anarchico fu arrestato dopo una falsa identificazione di un taxista e subì un linciaggio mediatico terribile, giornali usarono termini come “belva oscena e ripugnante”, “vero e sicuro colpevole”, fece più di tre anni di carcere prima che fosse assolto e venisse smascherato il depistaggio che aveva fatto morire un innocente e privare della libertà e dell’onore un altro innocente.
Non si sanno i nomi dei mandanti ma manovali del crimine sono Franco Freda, Giovanni Ventura e Guido Giannettini militanti dell’estrema destra di Ordine Nuovo, che non hanno scontato la pena con l’espediente della prescrizione e della collaborazione. La risposta degli italiani democratici alla prima strage del terrorismo nero Milano e l’Italia democratica si strinsero unite e risposero con civile fermezza al terrorismo che si scatenò tra il 1969 e il 1984, quello di destra e quello di sinistra: stragisti e sanguinari misero a dura prova la solidità delle istituzioni repubblicane, ma esse uscirono vittoriose.
Emerse la forza della democrazia nel giorno dei funerali delle vittime della strage di piazza Fontana. Una folla enorme stava stipata in piazza Duomo e nelle vie adiacenti, senza nessun simbolo e bandiera, solo lo striscione sulla facciata del Duomo con le parole “Milano si inchina alle vittime innocenti e prega pace”: un silenzio che gridava la ferma dignità di una città contro ogni violenza, in cui si riconobbero gli italiani liberi dal fanatismo ideologico e dal demone della tirannide.
Claudia e Silvia Pinelli invocano che fare memoria del loro padre sia sempre un “filo di luce puntato implacabilmente sul passato perché sia monito e insegnamento per il presente” che ne ha tanto bisogno.

Maria Luisa Simoncelli